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Quando Alessandra mi ha detto che Michele (Associazione Labuat) avrebbe voluto chiedermi di occuparmi del giardino da realizzare al Parco archeologico delle mura greche ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto molto occuparmi di un progetto simile. Ero contento. Ero contento anche perché mi attirava molto l’idea di lavorare con Alessandra. Le nostre esperienze sono diverse, lei un’artista, io un architetto. Trovavo stimolante l’incontro di questi due mondi ed ero molto curioso di vedere cosa ne sarebbe scaturito.
Alla fine ho detto di sì. Da subito provo un certo disagio dato dal fatto che avrei dovuto lavorare in un contesto al quale sono estraneo. Sento subito l’esigenza di familiarizzare con quel posto, farlo mio, respirarne l’aria e trarne ispirazione e geometrie.

Il contesto è molto particolare. Il Parco delle mura greche è un’area molto vasta all’interno della città di Taranto. E’ un’area archeologica con ancora presenti i resti delle vecchie mura di cinta della città di fondazione greca. Quei resti lì abbandonati sono una testimonianza forte e simbolicamente potente, ma allo stesso tempo fragile nella materia e nel cuore della città stessa.
Il triangolo dista pochi metri da quelle mura, al centro di uno spazio orizzontale ma circondato da alti palazzi, testimoni di quel presente poco curante del passato, un presente che evidentemente non ritiene di doversi relazionare con ciò che è stato prima di lui.
In fase di progettazione una delle esigenze che sono emerse è stata quindi quella di creare qualcosa di bello, di armonico. La bellezza e l’armonia. Concetti una volta fondamentali proprio per i greci, sono oggi da riscoprire, da valorizzare e da difendere, soprattutto in una città come Taranto. Taranto è infatti una città piena di contraddizioni, dove la fitta nebbia del presente, una nebbia rossa e carica di pessimismo, riesce ad avvolgere ed a spingere nell’oblio e nell’indifferenza quelle bellezze architettoniche e naturali di cui è inscindibilmente intrisa. Taranto è bella, di una bellezza decadente ma sempre affascinante. E’ come quelle belle donne che dopo aver sofferto molto smettono di prendersi cura di sé e rimangono nel loro sconforto. Taranto è una città difficile, una città che ha toccato il fondo. Ma è una città con un potenziale enorme, una di quelle città che se solo si decidesse a trovare in sé la forza di rialzarsi diventerebbe come quei fiore che nascono solo nel letame, mica tra i diamanti! C’è tanta voglia di fare a Taranto. Forse non esiste ancora una visione, una meta precisa verso la quale remare, ma di sicuro c’è chi sta provando a remare, anche un po’ a casaccio forse, in cerca di quella meta, di quella salvezza. Questo giardino ne è la prova, ed è grazie ad associazioni come Labuat ed a persone come Michele ed Alessandra che questo uno spazio abbandonato viene recuperato e reso vivo.

Nel gioco di ruoli iniziale io mi sarei dovuto occupare di dare verticalità al triangolo, Alessandra invece si sarebbe occupata della parte botanica del giardino. Sin da subito s’intuisce che questi ruoli non sarebbero stati così rigidi e si inizia a progettare insieme abbozzando schizzi, schemi, calcoli. L’idea iniziale, proposta da Michele, era di inserire degli elementi verticali che potessero servire da sostegno per delle lampade. Si comincia così a pensare a delle soluzioni esteticamente armoniche, funzionale, ma anche economiche.  Quello dell’economicità del progetto non è l’unico tema che ci si trova sin da subito ad affrontare, inizialmente anche i tempi di realizzazione ipotizzati hanno rappresentato una certa sfida, così come la manodopera a disposizione e l’accessibilità al triangolo per il trasporto del materiale.
Dopo poco si giunge a schizzare un progetto più o meno fedele a quello che verrà poi realizzato. Un progetto semplice quindi e relativamente economico. In quel progetto il triangolo sarebbe stato riempito con terra ed all’interno sarebbero state allocate delle vasche d’acqua nelle quali sarebbero state piantate delle piante acquatiche. Gli elementi verticali sarebbero stati dei pali in legno/bamboo con pesci rotanti sulla sommità. Un altro elemento sarebbe stato un palo con in cima una ruota di bicicletta libera di girare con il vento e sulla quale sarebbero stati fissati dei piccoli campanellini. Ulteriori elementi verticali che comparivano in quel progetto erano dei cerchioni di bicicletta conficcati per metà nel terreno.  L’idea era proprio quella di creare un gioco, un movimento, un suono. Ecco, il movimento, il suono. Quasi a rompere un incantesimo.
Riusciamo a risolvere agevolmente molti nodi di quel progetto. Ordiniamo le piante e nove grandi vasi che, opportunamente sigillati, fungeranno da vasche per le piante acquatiche. Ordiniamo le canne di bamboo e troviamo tre tronchi consegnatici dal mare tra le rocce a Satùro i quali fungeranno da sostegni verticali per i pesci. Disegniamo i pesci stilizzati e chiediamo ai ragazzi di ideatagliolaser di tagliarli a laser su plexiglass e legno. Troviamo presso le Ciclofficine tarantine alcuni cerchioni di bicicletta che fanno giusto al caso nostro. C’è da dire che il triangolo a novembre era già stato riempito alla base con macerie e detriti cementizi che avrebbero aiutato a migliorare il drenaggio delle acque pluviali.

Le criticità di quel progetto rimangono sostanzialmente tre: la terra, gli ingranaggi che avrebbero consentito il movimento degli elementi ed i tempi di realizzazione.
La cosa importante per una buona riuscita del progetto è una buona comunicazione tra tutti i soggetti coinvolti: io, Alessandra e Michele. Gli scambi di mail non mancano in questa fase, né gli incontri per discutere e confrontarsi sul progetto e sulle sue criticità appunto. Questi incontri sono sempre stati utili ad individuare appunto le debolezze del progetto e le soluzioni a queste ultime, soprattutto dal punto di vista organizzativo e del reperimento dei materiali.
Si giunge al 23 dicembre ed io, non essendo di Taranto, torno a Trapani, in Sicilia. Decido però di portarmi i compiti a casa per le vacanze. A questo punto l’idea è di mettere insieme tutto e realizzare l’intervento a gennaio. A Trapani continuo a cercare soluzioni tecniche per consentire il movimento dei pesci sulle canne di bamboo e sui tronchi di legno. Lavoro dunque con il padre di un mio caro amico, il sig. Antonio Parrinello, per la creazione di alcuni pezzi speciali che possano permettere appunto la rotazione dei pesci. Due di questi pezzi vengono creati a partire da due cuscinetti attorno ai quali vi è un supporto che verrebbe conficcato nei tronchi e sui quali sarebbero stati fissati i pesci. Un altro pezzo viene creato con lo stesso principio ma a partire dalla ruota di un vecchio pattino.
Al mio rientro a Taranto rimane da risolvere il problema della terra. Dove prenderla? Quanto ci costa? Come la portiamo al triangolo? Le risposte a questi quesiti non arrivano entro i primi di febbraio.
Durante quel periodo io mi occupo di assemblare i pezzi e di preparare tutti gli elementi che andranno a comporre il giardino. Mi reco a Paolo VI per andare a trovare Aldo, un allegro signore che recupera materiali di diverso genere e li ricicla per farne le sue piccole opere d’arte. Aldo è un tipo originale e mi piace l’idea di coinvolgerlo in questo progetto. E’ lui che trova il modo di far girare la ruota di bicicletta posta con un perno in cima ad un tronco. Ritaglia alcune bottiglie di detersivi e ne ricava quattro pale. Le pale, correttamente fissate sulla ruota, permettono infatti che la ruota giri grazie al vento. Aldo è stato molto gentile e disponibile ed lo ringrazio per questo.

Alessandra si occupa di concordare con il vivaio le piante che restano da ordinare anche a causa di una nevicata, annunciata da giorni ma della quale il vivaista sembra non fosse stato avvertito in tempo, che ha danneggiato irrimediabilmente alcune delle piante precedentemente ordinate. Il 5 febbraio parto di nuovo e torno in Sicilia. Decidiamo dunque di finire il lavoro nella prima settimana di marzo.
Il 28 febbraio torno a Taranto, le piogge degli ultimi giorni hanno reso il triangolo una vasca d’acqua. Michele ha già comprato i badili, un sacco di cemento, una carriola, ed altri attrezzi utili. Il 2 Marzo si comincia a lavorare. Svuotiamo il triangolo ormai pieno d’acqua e ne riempiamo le vasche. Sistemiamo i detriti sul fondo del triangolo. Posizioniamo le vasche piene d’acqua.
Il giorno seguente  le vasche ci sono ancora.. cominciamo bene! C’è un bel sole ed il clima tra di noi è allegro e determinato allo stesso tempo. Per il giorno dopo è prevista pioggia, bisogna finire tutto entro oggi! Iniziamo collocando le canne di bamboo ed i tronchi, con relativi pesci rotanti e non, e li fissiamo al fondo del triangolo creando loro delle piccole fondazioni all’interno di piccoli contenitori di plastica. A questo punto manca solo la terra. Beh, la terra non c’è. La terra costa troppo e il trasporto sarebbe difficile e costoso. Allora che fare? Già il giorno prima, con Michele, avevamo risolto il problema decidendo di non utilizzare affatto la terra. Infondo non abbiamo molte piante da piantare nella terra. La maggior parte delle piante sono acquatiche. Decidiamo quindi di riempire il triangolo con della ghiaia. E’ facile da reperire, economica e poco distante dal parco. Il trasporto lo organizza Michele con l’utilizzo di un piccolo quattro ruote con cassone, della grandezza giusta per poter entrare all’interno del parco. Si organizzano due viaggi e la ghiaia trasportata si rivela essere sufficiente. Aggiungiamo due piccole aiuole con la poca terra a disposizione e, finite di piantare le piante, il triangolo è pronto.
Siamo tutti soddisfatti e consapevoli di aver fatto un bel lavoro. Si è creato un bel gruppo di lavoro e non sono mancate le persone che passando ci hanno lasciato un sorriso, una parola gentile. Personalmente sono molto contento dell’esperienza e del risultato finale. Abbiamo creato qualcosa di bello e fragile allo stesso tempo, qualcosa da preservare e non da distruggere, qualcosa che di certo non passa inosservato. Sono contento di aver lasciato qualcosa in questa città, una piccola traccia di venerea bellezza. Lascio Taranto, una città per me ancora troppo misteriosa e difficile da decifrare.
Antonino Agueci

Vuoto 26Il giardino dei pesci volanti ha iniziato ad esistere nella mia immaginazione quando durante il progetto Landscape Choreography qualcuno ha creato un’immagine con la parola giardino scritta lì dove avrebbe voluto che il giardino si avverasse. Una parola, quella giusta, che evoca esattamente la realizzazione del desiderio.
Quando ho visto quell’immagine l’idea che lì ci fosse già un giardino non mi ha mai abbandonata.

Dopo due anni il giardino è stato realizzato con delle idee che attraversano il mio archivio di forme e colori proprio da un paio d’anni. In quel periodo disegnavo arredi urbani che mettessero allegria, alte aste di metallo che sorreggevano grandi pesci alla sommità, uno per asta, a formare eserciti di pesci volanti, dipinti con smalti vividi azzurri o oro. Relegai al cassetto quei disegni, come molti altri e come spesso accade, mi sono ritornati alla mente quando, con Antonino Agueci, abbiamo iniziato a buttar giù degli schizzi per il giardino del Parco delle mura greche su invito di Michele Loiacono di Labuat.
Il giardino doveva nascere in un piccolo triangolo all’interno di una vasta forma tra erba, fiori, ruderi di mura greche, abitazioni, una scuola media, architetture pubbliche in abbandono e una occupata da associazioni e cittadini che trattano tematiche sociali.
Tutto intorno il cielo vasto e alti palazzi, torri, grattacieli.

Conoscevo bene quello spazio, avevo frequentato quella scuola e avevo passeggiato per quelle viette tra l’erba quando per pochissimo tempo lo spazio inizi  ad essere più vissuto dopo una rigenerazione che si verific  fallimentare per poi tornare in abbandono.
Ho visto da adolescente le mura sorgere dalla terra, messe in luce e ritornare nel nero con cumuli di spazzatura quando ero già in fuga da una sempre più incupente Taranto.
Tornata in città dopo la mia formazione accademica come scenografa, gli studi sulla trasmissione di messaggi poetici da un linguaggio artistico all’altro e sull’osservazione dello spazio e l’azione su di esso come performer, ho riguardato il parco con occhi desiderosi di vederlo rinascere in bellezza, felice dell’invito di fare qualcosa lì.
L’archeotower era occupata e aveva iniziato il percorso con cittadini e associazioni sulla cura del verde, Labuat con un progetto europeo aveva già guardato lo spazio con amore pensandolo come luogo in cui agire artisticamente.

Sono ritornata lì e ho preso il mio tempo per osservare, stare.
Un vasto orizzonte caratterizza il luogo, spezzato dalle linee verticali dei palazzi intorno, in prospettiva vicini e lontani. Il triangolo vuoto era ormai nella nostra testa un giardino, bisognava capire che forma avrebbe potuto avere.
Ritornano così alla mente le alte e sottili innocue e fragili figure di aste che sorreggono i pesci volanti.
In quello stesso spazio nella fallimentare rigenerazione era stata realizzata una vasca d’acqua. Ricollezionando immagini prende vita con facilità l’idea di un piccolo giardino dove vasche tonde di varie misure e colori come dei pois, se viste da una prospettiva aerea, si alternano a piante che amano l’acqua e che possono vivere senza troppe cure come graminacee, bambù nero e bianco, papiri. Le vasche tonde accolgono bulbi di giacinti d’acqua e ninfee che stiamo vedendo germogliare e vedremo fiorire col grande caldo. Tra le vasche sottilissime canne sorreggono pesci di varie misure e materiali, legno, specchio, plexiglass, che performano il vento,  lo rendono visibile, girano con esso.
Ne risulta un luogo delicato e fragile di linee sottili nel mezzo di uno spazio ancora molto trascurato, ma che si riempie sempre più di vita.
Nel rumore di decespugliatori aggressivi che non preservano biodiversità ma favoriscono la tabula rasa e ancora qualcuno che imperterrito usa la terra come cestino della spazzatura, il giardino dei pesci volanti è un piccolo bacio sulla fronte di uno spazio che come tutti anela ad un abbraccio più grande, diffuso.
La fragilità e la delicatezza della cura, dello sguardo e azioni amorevoli, nei luoghi dell’abbandono, creano quello spiazzamento che attira lo sguardo, smuove qualcosa e in qualcuno semina il desiderio di curare il luogo in cui si vive, in contrapposizione con la noncuranza, la dozzinalità, il lavorare con mediocrità e disamore, energie basse e cupe per cui è arrivato il momento di un cambio di rotta.

Con grande sorpresa il piccolo giardino con i suoi pesci preziosi, le sue piante, non ha subito azioni vandaliche, è stato rispettato e attorno a sè ha creato in risonanza momenti di festa e alcuni ‘grazie’ che speriamo tutti si convertano in azioni concrete di bellezza.
Un piccolo Atto poetico ha popolato le vasche in attesa del fiore d’acqua, di un tappeto di fiori di campo disposti sull’acqua come preghiera, come desiderio e attesa delle ninfee e dei giacinti.
Lo sguardo artistico è uno sguardo d’amore profondo, di indagine, ricerca. La sincerità che l’artista deve mettere in quello che fa è dato dal fatto che la buona arte viene dal profondo di chi la fa. Se l’azione non è sorretta da questi valori, non creerà nulla se non ancora immagini da cestinare.

Alessandra Guttagliere

IMG_2891Il progetto Landscape Choreography prevede attività di ricerca multidisciplinari in aree abbandonate, dove coreografia, danza e teatro sono alcuni degli strumenti utili per conoscere il contesto e “prenderne le misure” e relazionarsi con i cittadini attivi, ma anche linguaggi che “accompagnano” pratiche di trasformazione urbana.

Labuat partecipa a questo progetto decidendo di lavorare nel quartiere Solito Corvisea di Taranto, dove molti di noi sono cresciuti. Un quartiere che, pur non presentando i gravi problemi di altre periferie cittadine, ha tutte le problematiche di un quartiere dormitorio.

Inizialmente prevedevamo di realizzare nel parco archeologico delle mura greche spazi per orti urbani come luoghi per l’aggregazione, il tempo libero e il giardinaggio.

Per coinvolgere i residenti del quartiere nella cura dello spazio pubblico vicino alle proprie case, abbiamo iniziato con   incontri informali che con il tempo sarebbero potuti diventare delle vere assemblee pubbliche da organizzare nei condomini, nelle scuole o nelle chiese.

Tutto questo lavoro di partecipazione, specifico sul parco, non è stato mai realizzato come pensato all’inizio, perché gli eventi (in particolare la “questione ilva”) hanno portato numerosi cittadini a riunirsi proprio in quel parco per assemblee nelle quali si provava ad immaginare un nuovo sviluppo della città, superando la monocultura industriale.

Improvvisamente si è portato al centro del dibattito il tema dello spazio pubblico e degli spazi demaniali da sempre negati alla città e soprattutto si è affrontata la questione del ruolo dei cittadini nei processi di trasformazione e cambiamento del territorio.

In quel momento di fermento, coinvolti emotivamente da quello che accadeva, abbiamo deciso di dare un nostro contributo alle attività che si realizzavano nel parco, attraverso le pratiche e i linguaggi dell’arte.

Ci siamo così ad esempio ritrovati ad ospitare, durante il concerto del 1 maggio 2013, un progetto di Plastique Fantastique, costruendo così uno spazio temporaneo di aggregazione giocosa.

Volevamo, spinti dall’entusiasmo, costruire insieme ai ragazzi del comitato, che nell’estate del 2013 si dedicavano alla pulizia e all’arredo del parco, uno spazio laboratorio, acquistando un container, da rendere autosufficiente energeticamente con pannelli solari, da poter utilizzare anche come quinta per proiezioni e spettacoli.

Il progetto del container/laboratorio non è stato realizzato per la mancata comprensione, da parte dell’amministrazione comunale, delle finalità del progetto e per un’incapacità, da parte di tutti, di costruire percorsi temporanei, creativi e innovativi di riuso dello spazio pubblico, in un patto di collaborazione fra cittadini e pubblica amministrazione.

Il parco, così, a poco alla volta è rientrato sempre meno nell’interesse di gruppi di cittadini che hanno spostato le loro azioni in altre zone della città.

Da questo momento, essendosi esaurito quel fervore che aveva animato nei mesi precedenti il parco, abbiamo deciso di continuare le attività, utilizzando uno spazio triangolare, una grande vasca di cemento mai utilizzata e piena di rifiuti, come palestra a cielo aperto dove fare, sbagliare, imparare, conoscere, trasformare, costruire un nuovo immaginario contemporaneo del luogo, insieme a tutti i cittadini interessati.

Il progetto ha deciso di favorire il rafforzamento di una apparentemente “debole” comunità di residenti e non, per lo più giovani precari e disoccupati, attraverso il loro coinvolgimento in attività lavorative per la costruzione di arredi e allestimenti, puntando sulla qualità delle relazioni piuttosto che sulle competenze tecniche.

Così è nato un palco per spettacoli e proiezioni, così è stato ripristinato il muretto che delimita questa vasca, così è stato realizzato un angolo di giardino con piante acquatiche.

Tutto quello che abbiamo costruito, come ad esempio un tavolo da ping pong, è stato fatto con materiali di buona qualità ed è stato lasciato senza protezione nel parco.

All’inizio abbiamo visto da parte di chi non ci conosceva scetticismo, curiosità e spiazzamento, che con il tempo si sono trasformati in apprezzamento, collaborazione e fiducia.

Ci piace constatare che il parco archeologico oggi è molto diverso da quello che avevamo davanti agli occhi cinque anni fa ed inizia ad essere un giardino.

Il merito non è il nostro ma di quella congiuntura favorevole che ha fatto sì che uno spazio abbandonato da sempre si popolasse negli ultimi anni di varie esperienze di cittadini, associazioni, comitati.

Noi abbiamo provato a stare insieme a loro.

Fra le tante esperienze e storie che hanno attraversato il parco, oggi la più viva è quella dell’archeotower, spazio liberato dall’abbandono da tre anni, adesso a servizio del quartiere, nel quale assolve la funzione di un centro per l’educazione ambientale e per il giardinaggio.

Il nostro percorso continua, al parco, ma non solo.

Il racconto del progetto Landscape Choreography parte da una frase di Gilles Clement, paesaggista francese autore di testi che hanno contribuito a cambiare il modo recente di guardare e vivere il paesaggio.

Abbiamo il piacere di accompagnarci con lui ed altri amici in un percorso che da tre anni a Lecce, alle Manifatture Knos, vede nascere, grazie all’intervento di gruppi di persone, un giardino nel mezzo di un parcheggio di 10.000 mq di asfalto.

Landscape Choreography continua così a sviluppare la ricerca anche a Lecce nell’ambito degli incontri del terzo luogo che hanno come tema quello degli spazi dell’indecisione.

Indecisione come strumento in mano a cittadini consapevoli, utile per trasformare i luoghi, seguendo i cicli e i tempi della vita reale, lasciando in questo modo, quanto più spazio possibile all’imprevedibile.

 

IMG_1995Ci sono un maliano, una marocchina, una bielorussa, due persiani e tre italiani. Questo non è l’inizio di una barzelletta ma di una bella storia.
Una delle tante storie belle e semplici che si ambientano tutti i giorni, nei luoghi più impensabili della nostra città.
Il luogo dove questa storia si svolge ha in passato accolto altre storie, prima di tutto quelle della comunità armena. Si tratta della piccola chiesa di Sant’Andrea degli Armeni, nella piazza Monteoliveto di Taranto vecchia. Un’unica sala rettangolare di epoca cinquecentesca che oggi continua a raccontare le sue storie insieme a quelle di questi ragazzi.
Daouda, Fatima, Maryia, Mohamad, Shadi, Manuela, Stefania e Giovanni si incontrano tutti i giorni in questa chiesa per lavorare al progetto Quell’angolo di mondo promosso dall’associazione Salam, finalizzato all’integrazione sociale e lavorativa e finanziato da Piccoli Sussidi. Non sono però questi dati a rendere la storia interessante.
La storia di questo progetto è interessante se ascoltata insieme a quella del convicinio di piazza Monteoliveto e del progetto Domus Armenorum. Un gruppo di residenti, Giovanni, Luigi, Mimma, Mimmo, Palma, si uniscono per valorizzare il luogo della città vecchia dove hanno deciso di vivere e facilitare l’apertura e la visita della chiesa degli armeni, da anni colpevolmente chiusa. Condividono la chiave della chiesa ed insieme ad essa le responsabilità di tenere quel posto pulito e accogliente, pronto ad essere aperto al primo visitatore o curioso che lo richieda.
Se passi, una qualsiasi mattina, dalla chiesa, troverai le otto persone dell’inizio della storia intente a produrre i contenuti che presto diventeranno una APP per smartphone e tablet, un’audioguida in francese, arabo, russo, persiano e armeno della città vecchia. Grazie ai fondi del progetto hanno acquistato alcuni tablet da fornire ai turisti e dar loro la possibilità di ascoltare le guide in alcuni punti della città vecchia che troveranno segnalati. Anche in questo caso, non è l’elenco delle attività da loro svolte ad essere importante, quanto la rete di relazioni e di conoscenze che grazie a questo progetto si sta creando intorno alla chiesa.
Ogni volta che ti affacci nella chiesa loro ti sorridono e salutano, li vedi leggere insieme e scrivere ma soprattutto porsi delle domande sul luogo in cui sono. Non hanno l’idea di realizzare un nuovo servizio turistico ma vogliono costruire una nuova idea di turismo e di fruizione del patrimonio architettonico anche “minore” della città vecchia. Li senti parlare di turismo sociale mentre ripuliscono e rendono leggibile la lapide che ricorda, su un palazzo a pochi metri  di distanza, la nascita in quello stabile di Giovanni Paisiello. Ripulire quella targa significa leggere e conoscere il suo messaggio e soprattutto ricordare che, in uno dei tanti palazzi abbandonati e murati della città vecchia, si conserva un  pezzo importante della storia della nostra comunità.
In quell’edificio fino a poco tempo fa ci vivevano delle famiglie. Oggi sono state allontanate per problemi di staticità ed il palazzo risulta vuoto, lasciando intravedere in alcuni panni stesi i segni di una vita recente. Oggi il palazzo è silente, morto. In quel palazzo da anni si parla di realizzare il progetto della casa museo di Giovanni Paisiello  per il quale sarebbe già stato stanziato un finanziamento. Conosciamo purtroppo le storie di questi interventi di recupero in città vecchia, le lungaggini dei passaggi amministrativi e le difficoltà della gestione una volta terminate le opere. Tanti edifici recentemente restaurati sono tornati in poco tempo all’abbandono per l’incapacità di inserirli in una visione strategica e programmare una gestione integrata del patrimonio dell’isola.
L’idea di continuare a vedere il palazzo vuoto, in quella piazza dove tanto si sta facendo per riportare nuova vita e relazioni, intristisce. Ci piacerebbe cambiare il finale di una storia già troppo noto e immaginare una scelta coraggiosa e contemporanea, seguendo il dibattito internazionale sui sistemi museali, spesso in crisi. Sarebbe affascinante valutare un percorso condiviso con i cittadini, le associazioni, le scuole di musica e i conservatori, per costruire insieme il museo dei cittadini dedicato a Giovanni Paisiello.
Un percorso lento e quotidiano, che riservi il giusto tempo allo studio, alla riflessione, alla conoscenza e all’ascolto.Un percorso vivo da subito, che adotti quell’edificio e insieme ad esso la figura di Paisiello e la sua musica, aprendo una riflessione sul ruolo che può avere oggi la musica a Taranto. La casa/museo della vita e dell’abitare. Una casa/museo pensata per rafforzare il messaggio di apertura, accoglienza e adozione che oggi ci arriva dalla chiesa degli armeni, inserita nell’ambito di un turismo sociale o di comunità. Noi, con chi lo vorrà, proveremo comunque a scrivere la storia del museo dei cittadini e ci piace pensare che abbiamo già iniziato a farlo.

armeniNel 1969 i dati di rilevamento indicavano per la città vecchia di Taranto una popolazione residente di 15.861 unità per lo più occupata nei settori della pesca, dell’industria e dell’edilizia. Già con il censimento del 1975, all’indomani del tragico crollo di Vico reale, nei pressi di via Cava, si contavano 4000 unità in meno, e l’esodo crebbe man mano che il degrado delle zone limitrofe aumentava, riducendo progressivamente la popolazione residente, fino alle attuali 2.400 unità. I settori produttivi maggiormente colpiti dal degrado sono stati la pesca, l’agricoltura, l’industria e il commercio. Il settore nel quale la popolazione è maggiormente impegnata è quello della pesca e della mitilicoltura. Nel settore dell’artigianato si è assistito ad una notevole perdita di consistenza, tanto per numeri di addetti quanto per numero di botteghe. Il settore del commercio è entrato ugualmente in crisi, in quanto rivolto quasi esplicitamente ad una domanda interna. Allo stato attuale, nonostante numerosi progetti di riqualificazione, non sono in atto progetti di ampio respiro che vedano un coinvolgimento diretto, anche da un punto di vista occupazionale, degli abitanti stessi del quartiere. Il lavoro così svolto sulla “pietra” non produce un reale miglioramento delle condizioni di vita e destina gli stessi edifici restaurati a essere presto abbandonati e a ritornare in uno stato di degrado.
La città vecchia di Taranto appare oggi una città fantasma. Nella realtà dei fatti invece, nei sotterranei, nell’intimità degli spazi privati, in tanti magazzini, solo apparentemente abbandonati, c’è una vitalità che a volte riserva grandi sorprese. Tutto quello che avviene, nell’informalità dei processi, è veloce e dinamico e difficilmente i progetti ufficiali e le normative delle pubbliche amministrazioni, con i loro tempi ben più lenti, riescono a stare al passo con quello che avviene.
Nella realtà dei fatti ci sono due livelli di risposta ai molti problemi del centro storico di Taranto.
Dal piano Blandino ai progetti di Urban II, dall’Area Vasta ai Piani Città, innumerevoli sono stati i tentativi di rigenerazione urbana che si sono fino ad ora arenati, soprattutto di fronte alla difficoltà di reperire i fondi necessari per tutelare e ristrutturare l’immenso patrimonio immobiliare diffuso, e subito dopo renderlo vivo con attività, idee e start up di microimprese.
Sul piano informale si assiste invece a una molteplicità di dinamiche: scambi di case pubbliche attraverso accordi verbali e fiduciari fra parenti e amici, logiche di auto-sostentamento verso le persone con maggiori disagi sociali, auto-recupero di spazi pubblici, sopraelevazioni, architetture parassite.
Particolarmente deplorevoli sono le condizioni del Patrimonio Culturale dell’isola, risorsa di inestimabile valore che lungi dall’essere una opportunità di riscatto, morale, sociale ed economico, costituisce ad oggi una debolezza se non un problema vero e proprio. Un chiaro esempio di questa condizione è rappresentato dalla vicenda della Chiesa di San Paolo, risalente al XVI secolo, ubicata in via Pentite, a pochi passi dal Duomo da tempo chiusa, abbandonata, incustodita e consegnata al degrado ambientale. A febbraio del 2011 i suoi muri si sono sbriciolati, è crollato il muro perimetrale e poi ha ceduto una parte della cupola, le cui macerie hanno investito delle auto parcheggiate ed una persona, che solo per miracolo non ha subito gravi danni.
Al momento di intervenire per ripristinare le essenziali condizioni di messa in sicurezza dell’area, ci furono notevoli problemi finanche per risalire all’effettiva “proprietà” del bene, condizione questa, che è purtroppo comune a tante, troppe altre testimonianze architettoniche della città vecchia. Ci troviamo di fronte a una strana situazione dove il pubblico non è capace di prendersi cura totalmente del suo immenso patrimonio storico-artistico, che si perde giornalmente, ed il privato, abituato a ragionare “alla giornata”, cerca di sfruttare tutto quello che ha a disposizione in loco, portando avanti, a volte inconsapevolmente, progetti di auto-costruzione e auto-recupero, microimprese informali, che hanno come base una grande umanità e attenzione sociale, e a volte sono veri e propri progetti “culturali”.

La proposta dell’Associazione LABUAT,  è quella di sperimentare nuove forme di tutela, valorizzazione e gestione partecipata del patrimonio culturale diffuso nell’isola, partendo come intervento pilota da quella che consideriamo una “buona pratica” già in atto, la “cura spontanea” da parte di cittadini residenti e qualificati operatori culturali della chiesa di Sant’Andrea degli Armeni. “Cura” che quest’associazione intende stimolare e supportare con il progetto “DOMUS ARMENORUM”.

IL “CONVICINIO” di Sant’Andrea degli Armeni. Un bene relazionale, oltre che culturale.
Proprio intorno alla chiesa rinascimentale di Sant’Andrea degli Armeni infatti, era urbanisticamente organizzata una delle più interessanti piazzette della città vecchia di Taranto, quella di Monteoliveto (già Largo del Giesù). L’edificio racchiude un alto valore storico, essendo la sua edificazione “a fundamentiis” del 1573 avvenuta per sostituire un omonimo edificio di culto preesistente, connesso con lo stanziamento in città vecchia, nella vicina Piazza S. Costantino, di un consistente nucleo di Armeni giunto in Puglia nell’XI secolo al seguito dei Bizantini. Su piazzetta Monteoliveto oggi, si affacciano ancora, a pochi metri l’una dall’altro, l’enorme fabbrica settecentesca della Chiesa dei Gesuiti (Madonna della Salute), in attesa del completamento dei lavori di restauro, il palazzo che diede i natali a Giovanni Paisiello, tra i più importanti e influenti compositori d’opera del Classicismo, aspirante museo a rischio crollo, ed il settecentesco Palazzo Gallo, già acquisito da privati. La chiesa e parte delle pertinenze, già sconsacrate e cedute dal Demanio a privati agli inizi dell’Ottocento, furono assegnate in fitto ed adibite a spaccio di vino piuttosto che ad abitazione1, ed infine utilizzati come laboratorio da un falegname, fatto questo che l’ha sicuramente preservata dai danni legati al degrado seguente all’abbandono e al vandalismo comune.
Il monumento, di singolare rilevanza artistica e culturale anche se “misconosciuto”2, dopo il tragico crollo della chiesa di San Paolo di Via Pentite, è tra le ultime testimonianze architettoniche dell’arte rinascimentale a Taranto. Risulta essere nelle disponibilità del Comune di Taranto nel 1980, anno in cui l’arcivescovo di Taranto, Mons. G Motolese, su richiesta dello stesso, consentì alla cessione dell’intero complesso3, per svolgervi i lavori di consolidamento e restauro delle consistenze pittoriche e gli scavi archeologici, da cui fu effettivamente interessata nel 1984. Fu quindi possibile predisporre il progetto di restauro che fu affidato all’arch. R. Binetti. Il progetto, provvisto di accurati rilievi della chiesa e dell’isolato circostante, tenne conto non solo del recupero fisico degli edifici ma anche di quello sociale e culturale dell’intero isolato di S. Andrea.

Il “complesso” constava al momento dell’intervento, oltre che dell’aula della chiesa, anche di una canonica e di una sagrestia. Più recentemente, la sacrestia e la canonica/falegnameria – i cui ambienti conservano alcune testimonianze archeologiche – sono state acquisite e quindi inglobate all’interno di una struttura turistico ricettiva, l’Hotel Residence Sant’Andrea degli Armeni4, mentre l’aula della chiesa, recuperata con fondi pubblici e rimasta abbandonata, è stata al centro di una serie di azioni tese alla sua valorizzazione e promosse da residenti, comitati di quartiere, associazioni culturali, ONG, Fondazioni e semplici cittadini. Tra queste, le manifestazioni artistiche e culturali a seguito “dell’adozione” di P.zza Monteoliveto (bando pubblico Piazza mia bella Piazza, Delibera di Giunta Comunale n.51 del 31/03/2011) e quindi il ripristino delle condizioni di decoro e fruibilità della chiesa, la partecipazione alle Giornate Europee del Patrimonio 2012 con la riapertura straordinaria della stessa e le visite guidate gratuite5, e l’adesione alla VI edizione del
censimento internazionale “I Luoghi del Cuore”, promosso dal Fai (Fondo Ambiente Italiano) , che ha raccolto le segnalazioni, anche in rete, di 6.122 cittadini, posizionando la Piazza, concepita come bene unitario, e quindi la chiesa di S.Andrea degli armeni al 41° posto tra i beni del patrimonio culturale italiano da valorizzare, e per i quali si chiede, e si è chiesto, un concreto intervento alle Amministrazioni. La Piazza è posta al centro degli ambiti prioritari per interventi di recupero urbano predisposti in più occasioni da quest’ultime, così come individuato sia nella più generale strategia di “Rigenerazione del centro storico”, riavviata dalla A.C. con la delibera di indirizzo G.M. n. 191 del 17/11/2010, sia con il “Programma di Rigenerazione del Patrimonio Comunale”, già elaborato ed approvato con Del. C.C. n. 148 del 01/12/2010, oltre che nell’Avviso Pubblico per la presentazione di manifestazioni d’interesse finalizzate alla redazione del “Contratto di Valorizzazione Urbana – Piano Città Taranto” (Legge n. 134 del 7 agosto 2012, Piano Nazionale per le Città, cd. Decreto Sviluppo predisposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), che per l’ambito “Città Vecchia” prevede di creare occasioni di integrazione sociale e funzionale promuovendo nuove opportunità per i cittadini ed un richiamo per i potenziali turisti, oltre che il recupero e la valorizzazione del patrimonio edilizio per favorire l’insediamento di attività turistico ricettive, culturali, commerciali e artigianali in un contesto urbano caratterizzato da disagio sociale. Per la chiesa di Sant’Andrea degli armeni in particolare, oltre che per quella dei SS Medici in Via di Mezzo (anch’essa non fruibile,) il Comune di Taranto risulta beneficiario di Fondi Strutturali relativi alla programmazione 2007/2013 nell’ambito del programma POR FESR PUGLIA, che ha come obiettivo quello di tutelare, valorizzare e promuovere i beni storico-culturali al fine di aumentare l’attrattività territoriale 6. Allo stato attuale nessun intervento amministrativo in tal senso, sembra aver dato seguito alle previsioni, né una risposta alle tante, positive, sollecitazioni “bottom up” provenienti da varie realtà della comunità. Nessun Ente, di nessuna natura, rivendica il bene architettonico come di propria competenza, generando un corto circuito burocratico ed un’assenza di interlocuzione che limita le progettualità e rallenta notevolmente i processi di valorizzazione integrata. Nel frattempo un gruppo di cittadini residenti nel “vicinio” continua a prendersi cura spontaneamente della chiesa cinquecentesca, considerandola come elemento integrante della qualità dello spazio urbano della Piazza, salvaguardandola dal degrado e garantendo volontariamente le condizioni di pulizia, decoro e fruibilità a fini turistici e socio culturali.

DOMUS ARMENORUM: per la gestione partecipata del patrimonio culturale diffuso dell’isola.
L’idea alla base del progetto DOMUS ARMENORUM è quella di trasformare in opportunità questo punto di forza, provando a supportare queste pratiche spontanee e ad innescare processi di “riqualificazione del vicinio” mediante la valorizzazione di uno dei “suoi” beni culturali, la chiesa, intesa nella sua più ampia e inclusiva dimensione di bene sociale. In un sistema integrato di valori e di relazioni. Un luogo inevitabilmente intrecciato alle persone che lo abitano: uno spazio comunitario da trasformare in reale vantaggio competitivo per aumentare davvero l’attrattività turistica dell’isola, rafforzare la coesione sociale, migliorare la qualità della vita dei residenti e promuovere l’avvio di micro processi di sviluppo socio economico locale. Oltre che permettere più ampie forme di partecipazione dei cittadini ai processi di rigenerazione urbana.
Scopo del progetto è quindi la sperimentazione di un modello di recupero e insieme di gestione partecipata del patrimonio culturale architettonico diffuso dell’isola, partendo dal caso della chiesa armena di Monteoliveto. L’obiettivo è quello di valorizzare le potenzialità del bene derivanti da una sua piena fruizione a fini culturali e turistici e dalla formazione di cittadini capaci di offrire piccoli servizi. Il mezzo per raggiungerlo, il coinvolgimento diretto di quelli stessi cittadini – tra operatori culturali e semplici volontari – che si prendono cura della stessa. Il risultato che si auspica di raggiungere è quello della valorizzazione dell’immobile in funzione della creazione di un piccolo laboratorio urbano per la cultura e i servizi al turista, e l’inserimento della chiesa oltre che della piazza che l’ospita in un itinerario di fruizione turistica dell’isola, in rete con le altre risorse già fruibili e le realtà associative, culturali, di operatori del turismo operanti in città vecchia, e con le comunità armene presenti in Italia a livello regionale e nazionale.
L’iniziativa che si intende proseguire è quindi finalizzata a promuovere la piena ed effettiva fruizione pubblica del bene, assicurando che lo stesso venga adibito ad usi compatibili con il suo carattere storico artistico, tali da non arrecare pregiudizio alla sua conservazione, ed è inoltre pienamente coerente con quanto recentemente approvato dalla Legge regionale n. 17/2013 “Disposizioni in materia di beni culturali” ed in particolare con quanto si afferma al comma “e” dell’art. 4 “Compiti della Regione” ed al comma “a” dell’art. 8 “Funzioni e compiti dei Comuni”, relativamente alla collaborazione con Istituti, centri e associazioni culturali diffusi sul territorio e alla partecipazione degli stessi alla valorizzazione del patrimonio culturale e allo sviluppo di attività e servizi connessi, oltre che alla promozione della più ampia partecipazione dei cittadini ai procedimenti di pianificazione e programmazione relativi al patrimonio culturale, con particolare riferimento ai Piani integrati di valorizzazione e gestione e agli Accordi di valorizzazione. Esempi di custodia e gestione di un bene culturale affidata ai cittadini residenti nelle sue immediate adiacenze sono informalmente portati avanti da anni, con successo, per le antiche chiesette di San Toma a Massafra e San Nicola in Montedoro a Martina Franca, entrambe ubicate tra le abitazioni dei rispettivi centri storici.
Obiettivo principale delle iniziative culturali che l’associazione intende mettere in campo nell’immediato è la valorizzazione integrata del bene, finalizzata alla sua promozione, all’apertura al pubblico ed all’inserimento dello stesso nei principali itinerari turistici, in accordo con le strategie messe in campo dall’agenzia Pugliapromozione, oltre che la progettazione di piccoli eventi e manifestazioni culturali e artistiche di supporto.

L’associazione intende inoltre, volontariamente ed a proprie spese, attivare un laboratorio di autocostruzione per fornire la chiesa degli elementi d’arredo e delle suppellettili più idonee a fornire piccoli servizi di informazione e assistenza al turista, riqualificando al contempo il decoro urbano della piazzetta che l’ospita. Il coordinamento generale delle attività sarà curato dal dott. Giovanni Berardi, esperto e qualificato operatore dei beni culturali, guida turistica accreditata, già responsabile di progetto di tutte le iniziative già messe in campo per la valorizzazione della chiesa armena e tutor didattico del Corso di specializzazione #Patrimonioculturale: nuovi strumenti per la valorizzazione integrata (PO Puglia 2007-2013 Asse IV Avv. TA 03/2013), promosso dall’Istituto d’Istruzione Professionale di Taranto in partnership con quest’associazione, nell’ambito del quale alcuni giovani operatori del settore cultura si stanno cimentando in uno studio di valorizzazione del bene. Il responsabile di progetto agirà di concerto con i residenti stessi del vicinio, garantendo la qualità progettuale e culturale delle iniziative e la dovuta oltre che necessaria partecipazione dei cittadini e di tutte le realtà che vorranno collaborare e sostenere il progetto DOMUS ARMENORUM.
A tal fine si richiede, a tutti i soggetti istituzionali in indirizzo, ognuno per quanto di propria competenza, di programmare quanto prima un incontro con i rappresentanti dell’ass. LABUAT e con i cittadini residenti interessati, al fine di condividere, pianificare, individuare insieme le migliori possibili forme di collaborazione per contribuire alla conoscenza, alla conservazione e alla fruizione del patrimonio culturale dell’isola, al rafforzamento dell’identità storica e culturale, allo sviluppo sostenibile del territorio e alla promozione dell’inclusione sociale della popolazione residente, partendo dalla buona pratica della chiesa di Sant’Andrea degli Armeni.

Il 6 giugno del 2013 è stata presentata all’attenzione del sindaco di Taranto una richiesta per la realizzazione di uno spazio per cinema, musica, teatro e danza, da costruire nel parco intorno a un container/laboratorio che sarebbe potuto diventare alla fine del progetto una ciclofficina, utile a sensibilizzare i cittadini all’uso della bicicletta in considerazione dei progetti che ci auguriamo negli anni futuri vedranno realizzarsi in città piste ciclabili.
Il container sarebbe stato dotato di pannelli solari utili ad illuminare la zona circostante da anni ormai al buio, per il non funzionamento della pubblica illuminazione, situazione che rende la zona nelle ore notturne poco frequentata e pericolosa. Tutte queste opere non avrebbero gravato sulle casse della pubblica amministrazione, sarebbero rimaste pubbliche e non avrebbero interagito con il sottosuolo (interessato da vincoli archeologici) in quanto facilmente rimovibili.
La stessa richiesta, presentata nuovamente in data 10 luglio e 12 settembre presso il protocollo del Comune di Taranto e della Soprintendenza ai Beni archeologici della Puglia non ha avuto nessun riscontro.

Alcune immagini del progetto della cellula-laboratorio di costruzione per il Parco Archeologicoplanimetria posizionamento container planimetria posizionamento container container 1 container 1 container 1 container 1 container 1 container 1 container 1 container 1

PROGETTO EUROPEO LANDSCAPE CHOREOGRAPHY. RICHIESTA CHIARIMENTI

Al Sindaco di Taranto, dott. Ippazio Stefano;
All’Assessore alla Qualità del territorio – Assetto del Territorio, Beni Culturali, Urbanistica, Politiche abitative della Regione Puglia, dott.ssa A. Barbanente;
All’assessore al Mediterraneo, Cultura, Turismo della Regione Puglia, Dott.ssa S. Godelli;
Alla Soprintendenza Archeologica per la Puglia via Duomo 133, Taranto,
c.a. del Soprintendente, Dott. L. La Rocca;
oltre che all’Ufficio di Gabinetto Sindaco, c.a. del Dott. G. Licciardello;
all’Assessore all’Urbanistica e Rigenerazione Urbana, Dott. F. Cosa,
all’Assessore al Patrimonio, Ing. A. Spinelli,

Gentili amministratori,
L’associazione Labuat (LABoratorio Urbano Architettura Taranto) nasce nel 2008 grazie al bando Principi Attivi della Regione Puglia, con l’obiettivo di riqualificare gli spazi urbani attraverso realizzazioni concrete e di interesse collettivo.
Dal principio le attività svolte hanno interessato la città vecchia di Taranto ed in particolar modo la zona del Laboratorio Urbano Cantiere Maggese. Nei primi due anni di vita l’associazione si è dedicata a supportare il nascente Laboratorio Urbano, ubicato in una zona marginale e degradata della città. Nel mese di Settembre del 2009 ha progettato e costruito vicino al Cantiere
Maggese insieme al gruppo milanese Controprogetto, un parco giochi temporaneo, che ha ricevuto l’unanime consenso da parte dei cittadini e dell’amministrazione in carica in quel periodo. Questo intervento è stato pubblicato su riviste, presentato in incontri e convegni e inserito in una selezione di progetti di riqualificazione degli spazi pubblici, proiettato nel Padiglione Italia dell’ultima biennale di architettura di Venezia.
Grazie anche a questo lavoro, il gruppo di professionisti di Labuat fa oggi parte di una rete di soggetti pugliesi che si occupano di auto-costruzione, progettazione partecipata e riqualificazione di aree degradate e marginali.
Fra le varie attività svolte dai professionisti dell’associazione sul territorio pugliese va segnalata l’allestimento degli spazi del Laboratorio Urbano Ex Fadda di San Vito dei Normanni, sempre insieme ai colleghi di Controprogetto. In due mesi di incontri, progetti e costruzione degli allestimenti si è riusciti a trasformare uno spazio di 1000 mq che oggi è un punto di riferimento nazionale nell’ambito degli spazi per le attività giovanili e la creatività.
In questi giorni ci apprestiamo per la terza volta in due anni a coordinare, alle Manifatture Knos di Lecce, un gruppo di lavoro che sta progettando, attraverso pratiche sperimentali, la realizzazione di un giardino al posto di un parcheggio asfaltato di 10000 mq.
In questo lavoro siamo guidati da paesaggisti di fama internazionale come Gilles Clement e i Coloco e collaboriamo con i colleghi del LUA (Laboratorio Urbano Aperto), con la Regione Puglia, il Comune di Lecce, la Provincia di Lecce e Lecce 2019.
Dagli inizi del 2011 abbiamo deciso di interessarci della zona del Parco archeologico delle mura greche, nel quartiere Solito Corvisea dove molti dei componenti dell’associazione risiedono.
Alla fine degli anni ‘80 i cittadini che si trasferirono a vivere nei palazzi di un quartiere senza ancora le minime infrastrutture come l’illuminazione e le strade, decisero di autofinanziare la costruzione di campi di calcio e la realizzazione di giardini, piantando numerosi alberi che costituiscono ancora oggi il 90% del verde presente in zona. Ricordando questo insegnamento e la vitalità del quartiere in quegli anni, abbiamo iniziato a scrivere il progetto Landscape Choreography con l’obbiettivo di far rinascere l’interesse da parte dei residenti verso il parco, lasciato all’abbandono.
Il progetto Landscape Choreography è stato finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del Cultural Programme (2007-2013), si sta realizzando in tre nazioni (Italia, Germania e Romania), è co-finanziato dall’assessorato alla Cultura della Regione Puglia, ha come capofila l’associazione Balletto Civile e vede coinvolti fra i vari partner le università di Hannover e Cottbus (DE) e quella di Siena. Le finalità del progetto sono esplicitate nel sottotitolo “From Waste Land to Shared Urban Gardens” cioè, dagli spazi abbandonati ai giardini condivisi, rifacendosi ad esperienze consolidate di carattere internazionale dove giardini e orti urbani sono promossi e gestiti da gruppi di cittadini ed associazioni. Le attività del progetto sono iniziate ufficialmente a gennaio 2013 e si concluderanno a giugno del 2014. Nel caso specifico di Taranto la nostra associazione ha riscontrato una grande difficoltà a spiegare, in numerosi incontri, agli organi competenti, le finalità del progetto e per più di due anni ci siamo impegnati a produrre e protocollare diverse richieste e progetti.
Il 6 giugno del 2013 è stata presentata all’attenzione del sindaco di Taranto una richiesta per la realizzazione di uno spazio per cinema, musica, teatro e danza, da costruire nel parco intorno a un container/laboratorio che sarebbe potuto diventare alla fine del progetto una ciclofficina, utile a sensibilizzare i cittadini all’uso della bicicletta in considerazione dei progetti che ci auguriamo negli anni futuri vedranno realizzasi in città piste ciclabili.
Il container sarebbe stato dotato di pannelli solari utili ad illuminare la zona circostante da anni ormai al buio, per il non funzionamento della pubblica illuminazione, situazione che rende la zona nelle ore notturne poco frequentata e pericolosa. Tutte queste opere non avrebbero gravato sulle casse della pubblica amministrazione, sarebbero rimaste pubbliche e non avrebbero interagito con il sottosuolo (interessato da vincoli archeologici) in quanto facilmente rimovibili.
La stessa richiesta, presentata nuovamente in data 10 luglio e 12 settembre presso il protocollo del Comune di Taranto e della Soprintendenza ai Beni archeologici della Puglia non ha avuto nessun riscontro. In data 10 ottobre 2013 abbiamo ripresentato un nuovo progetto per la realizzazione di un giardino, da realizzare sempre nel parco ma questa volta in una grande vasca di cemento abbandonata. Il cambio di progetto e di posizione all’interno del parco nasce dall’idea di lavorare su uno scarto di un progetto precedente da ripensare per una nuova vita piuttosto che aggiungere nel parco nuovi elementi.
Il progetto prevede la costruzione di una pedana/palco dell’altezza di 45 cm. e la realizzazione di un giardino con piante e sedute. L’evento organizzato nei giorni 25 e 26 di ottobre, in occasione dell’ultimo workshop da tenersi alla presenza dei partner europei, non ha per noi il fine del progetto ma uno strumento per far riscoprire ai cittadini un altro pezzo di parco lasciato in abbandono.
Produttiva è stata la collaborazione con gli operatori dell’ Amiu nei giorni precedenti l’evento, che ha consentito di riportare alla luce in poco tempo la bellezza del posto, apprezzata da tutte le persone che hanno partecipato alle attività organizzate.
Il progetto del giardino non è stato completato nella parte che riguarda le sedute e le fioriere per la mancanza delle risorse economiche necessarie in quanto, nonostante il progetto volga al termine, il co-finanziamento della Regione Puglia è bloccato dal patto di stabilità.
E’ nostra intenzione completare la piazza/giardino come piccolo contributo nell’ambito di un auspicato intervento di recupero nella sua interezza del parco che negli ultimi tempi è tornato d’interesse pubblico, grazie anche all’intervento di numerosi cittadini, associazioni, gruppi e comitati.
Con la presente, pertanto, chiediamo a tutti gli organi competenti di prendere una posizione chiara sulla nostra richiesta di completamento del giardino che è nostra intenzione donare alla città di Taranto affinché resti uno spazio pubblico e attrezzato, e ci rendiamo sin d’ora disponibili ad un’incontro.
Consci del carattere sperimentale dell’iniziativa siamo pronti a supportare l’amministrazione Comunale e la competente Soprintendenza per chiarire tutti i dubbi di carattere tecnico, adempiere le normative esistenti e adoperarsi affinché le strutture siano in totale sicurezza.
Nello stesso tempo cogliamo l’occasione per segnalare che la zona è ormai al buio da anni e necessita di lavori di ripristino della linea elettrica, che mancano alcuni tombini, che il cordolo della vasca in cemento è fatiscente e ha le armature scoperte, così come sono presenti nel terreno numerosi vecchi tombini in cemento rotti che sono pericolosi rifiuti.
Convinti che il nostro lavoro e la nostra disponibilità possano essere considerate come una risorsa per la città e non un problema, siamo convinti che la collaborazione fra cittadini, associazioni ed enti possa essere l’unica strada in questo momento percorribile per provare a sviluppare idee e progetti e recuperare le risorse umane ed economiche utili a riqualificare un’area che fortunatamente in tanti oggi stanno riscoprendo.
Cordiali saluti,

Taranto, 07/11/2013
per l’Associazione Labuat,
il Presidente, Arch. Michele Loiacono

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VENERDÌ 25 OTTOBRE ORE 17.00 TAVOLA ROTONDA APERTA SU COSTRUZIONE DELLA CITTÀ: PERSONE, COMITATI, ASSOCIAZIONI Fra i partecipanti: Elisa Serra e Martin Prominsky (Università di Paesaggistica di Hannover), Marcus Otto (Università di Architettura BTU di Cottbus), Giancarlo Pichillo (Università di Antropologia di Siena), Ass. Labuat, compagnia Balletto Civile, Maddalena Fragnito (artista), Isabella Mongelli (artista) ORE 19.00 Aperitivo nel parco con video installazioni di: NICO ANGIULI, AZZURRA CECCHINI, LANDSCAPE CHOREOGRAPHY, ISABELLA MONGELLI, ALESSANDRA ONDEGGIA, TARANTANZ, EZIA MITOLO. ORE 21.00 TARANTANZ - Performance OMBRAMALOMBRA, IL DIALOGO MUTO DELL’EMPATIA di Ezia Mitolo - Performance con dj Brusca RESTART - Live Music SABATO 26 OTTOBRE ORE 16.00 Laboratorio per bambini a cura di LAB LIB ORE 17.00 TAVOLA ROTONDA APERTA SU COSTRUZIONE DELLA CITTÀ: PERSONE, COMITATI, ASSOCIAZIONI Fra i partecipanti: Elisa Serra e Martin Prominsky (Università di Paesaggistica di Hannover), Marcus Otto (Università di Architettura BTU di Cottbus), Giancarlo Pichillo (Università di Antropologia di Siena), Ass. Labuat, compagnia Balletto Civile, Maddalena Fragnito (artista), Isabella Mongelli (artista) ORE 19.00 Aperitivo nel parco con video installazioni di: NICO ANGIULI, AZZURRA CECCHINI, LANDSCAPE CHOREOGRAPHY, ISABELLA MONGELLI, ALESSANDRA ONDEGGIA, TARANTANZ, EZIA MITOLO. ORE 21.00 LIDO AZZURRO PREVIEW di Isabella Mongelli - Performance CHOREOGRAPHIC SPEECH FOR TARANTO di Balletto Civile/Landscape Choreography - Performance CAPASE - Live Music Un evento a cura di LANDSCAPE CHOREOGRAPHY e LABUAT

LaCho2013_G1_01In occasione dell’ultimo workshop del progetto Landscape Choreography che si terrá a Taranto dal 21 al 27  Ottobre, durante il quale avranno luogo seminari, momenti di informazione e divulgazione, rappresentazioni artistiche di teatro, danza e videoinstallazioni a tema, si costruirá un palco multiuso. Le attività previste  riguarderanno il recupero a fini culturali di una delle vasche in cemento armato presenti nel Parco, in completo stato di degrado.

Ecco alcune immagini descrittive del progetto della piazza-palco che verrá realizzata nelle vasce di cemento all’ interno del parco archeologico.

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Il video, prodotto da Arcò (http://www.ar-co.org) è proiettato all’interno del Padiglione Italia.

ARCò è presente alla XIII Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia con un video sullo spazio pubblico esposto al Padiglione Italia, curato da Luca Zevi, sezione reMADE, curata da Maria Luisa Palumbo. L’elaborazione del progetto video presentato alla biennale si fonda sull’assunto di base che: “Non è un anno come gli altri. Il Padiglione Italia della Biennale deve porsi al centro di questa differenza e diventare un’occasione per riflettere sul rapporto tra crisi economica, architettura e territorio”. Ciò che il video intende mettere in evidenza è l’originalità nell’affrontare temi legati alla creazione di spazio pubblico risolto con una consapevole attenzione alla sostenibilità del progetto, sempre declinata nelle sue componenti sociale, ambientale e economica. Si è partiti con il riflettere sulla variabile fondamentale che rappresenta il contenitore di ogni spazio pubblico: il vuoto; quindi lo spazio tra le cose e la capacita del progetto di creare relazioni, innescare processi, dare nuove visioni. La ricerca si è concentrata su progetti in grado di essere resilienti al momento di crisi che stiamo attraversando e quindi di continuare a funzionare a dispetto di occasionali perturbazioni, o che considerano la perturbazione stessa occasione di progetto. curatore del padiglione Italia – Luca Zevi – curatore della sezione reMade – Maria Luisa Palumbo

Landscape Coreography: from Waste Lands To Shared Urban Gardens è un progetto approvato e finanziato dal Culture Programme 2007-2013, Directorate-General For Education And Culture, Education, Audiovisual And Culture Executive Agency

PARTNER (Coordination, planning and implementation)
1 Balletto Civile I dance theater I ITALY http://www.ballettocivile.org
2 studio LOV I landscape architecture I GERMANY http://www.studiolov.net
3 Leibniz Universität Hannover I urban landscape design I GERMANY http://www.freiraum.uni-hannover.de
4 Universität von Siena ( Università degli studi di Siena) I Anthropologie I ITALY http://www.unisi.it/internet/home.html

PARTNER (Participation in planning, local implementation)
5 LABuat I urban and architectural research Laboratory I Taranto I ITALY http://www.labuat.wordpress.com/
6 INIK I Institute Of New Industrial Culture I Cottbus I GERMANY www. inik.eu/
7 Collectiv A I cultural Association I Cluj-Napoca I ROMANIA http://www.colectiva.ro/en/
8 CHOREA I Thatre Association I Lodz I POLAND BOOK ART MUSEUM ,Culture association  http://www.chorea.com.
9.BOOK ART I cultural Association I Lodz I POLAND BOOK ART MUSEUM ,Culture associatiwww.book.art.pl/

ARTISTIC AND PROGRAMMATIC GOALS

THE GOAL IS TO ACTIVATE SHARED URBAN PLANNING PROCESS AND ART WORKSHOPS THROUGH THE CREATION OF URBAN GARDENS
The development and recovery of degraded urban areas is a fundamental issue that require innovative approaches
instead of traditional urban planning tools. A strategic planning of public spaces should take into account
the concepts of appropriation (of different users), cohabitation (between different cultures and lifestyles),
connection (between global and local elements), diversity (biological and social), and porosity (physical and
social permeability aimed at the regeneration of cities). The practice of urban gardens is becoming increasingly
topical. It is important both for the re-appropriation by the city of public space and for the contribution to the strategic
sustainable development of cities.
The intervention of a group of artists who set up theater workshops to support the urban regeneration project
acts as a key to understand the various phases that the project develops. An interdisciplinary team, with the aid
of locally active groups, becomes a prerequisite for the success of activities.
Different categories of citizens are called to enter in a participatory project to give back to the public abandoned
places. This participatory process triggers a mechanism of urban regeneration from the bottom that, even if using
temporary events, aims to implement a permanent change in the urban landscape.

LOCATIONS
The project is adressed to cities that are culturally and geografically very different. However, they also have in
common the need of urban regeneration, social tensions and problematic processes of massive industrialization
and deindustrialization, a sharp decline in population growth and urban emptying. They are cultural centers on
the regional scale and have a strong development potential.

TARANTO_ITALY
CLUJ-NAPOCA _ROMANIA
COTTBUS_ GERMANY
LODZ_POLAND

APPROACH
Engagements (involving different users)
Cohabitation (bringing together different cultures and lifestyles)
Networks (global and regional elements brought together)
Diversity (of ecological and social system)
Contamination (City‘s state of permeability of physical and sociological elements)
Feasibility (how to finance the project and what about frame conditions)

L’associazione culturale Labuat e il laboratorio urbano Cantiere Maggese

Invitano

a partecipare al workshop “La tana del polpo” che si terrà nella Città Vecchia di Taranto, presso le strutture di Cantiere Maggese, dal 20 al 24 luglio 2010.
Il workshop sarà un momento di lavoro e confronto con gli abitanti della zona con professionisti ed artisti, durante il quale si elaboreranno delle proposte per la sistemazione e la gestione partecipata del parco giochi temporaneo realizzato da Labuat in collaborazione con “Controprogetto” nello slargo antistante l’ex-chiesa di San Gaetano, attuale sede di Cantiere Maggese.

Questo slargo continua ad essere uno spazio difficile da gestire soprattutto per quanto riguarda la pulizia. Il tentativo sarà quello di trovare una soluzione condivisa per la sua gestione e manutenzione.

Saremo presenti tutti i pomeriggi
informazioni e aggiornamenti sul programma disponibili al 3293506407

Vi aspettiamo!

I mondiali di calcio sono da sempre un’occasione di aggregazione che coinvolge anche chi normalmente non segue questo sport.
A via Cava hanno pensato di organizzarsi per vedere i mondiali per strada e ci hanno chiesto di aiutarli ad allestire uno slargo.
Nel cantiere di Palazzo Pantaleo è stato trovato e recuperato, quasi per caso, un pannello di 200X300 cm. che stava per essere portato in discarica.
Con il lavoro di un fabbro e della gente del posto è stato ridipinto e fissato su un muro diventando uno schermo per proiezioni.
Con il contributo di Cantiere Maggese che ha prestato un videoproiettore e grazie al supporto di un “service” locale lo spazio proiezioni è stato già inaugurato in occasione della finale di Champions Leaugue di sabato scorso.
In vista dei mondiali metteremo a disposizione le nostre competenze per realizzare una copertura rimovibile dello spazio che cercheremo di rendere più confortevole.
Con l’aiuto di altre associazioni che hanno collaborato sempre con noi, ad iniziare da Arcinota e Artesia, ci piacerebbe che questo spazio diventasse un posto dove incontrarsi, organizzare cineforum e ascoltare musica anche al di là delle partite.
Alcune semplici riflessioni.
La prima è che ci vuole davvero poco a recuperare, anche temporaneamente, uno spazio quando la richiesta viene da chi vive quello spazio quotidianamente.
La seconda è che attraverso questa semplice esperienza abbiamo continuato un lavoro di mappatura e conoscenza delle professionalità e dei mestieri presenti a via Cava.
La terza è che bisogna sempre più ragionare in un’ottica di progettazione a Km.0, recuperando ad esempio i materiali in dismissione nei vari cantieri della città.
Mappare, catalogare le disponibilità di materiali da smaltire e schedarne i reali riutilizzi creativi è un’operazione già sperimentata dal gruppo olandese 2012 nel progetto http://www.superuse.org/ da seguire anche dalle nostre parti.

Anche se in ritardo pubblichiamo un messaggio che ci arriva da Berlino da parte di Studio LOV che ci ha seguiti in quasi tutto il percorso.
Anche se lo stato attuale di chiazza du Vurp Gigant non è dei più incoraggianti ci sembra opportuno condividere il materiale da loro prodotto che sintetizza le esperienze di Park Urka e Terrarret oltre a dare degli spunti interessanti su una metodologia di intervento nel centro storico di Taranto.
Con loro proprio in questi giorni stiamo ragionando sulle prossime iniziative e progetti.


“Partecipare all’esperienza intrapresa dal gruppo de Labuat ha avuto per entrambe un significato differente ma ugualmente costruttivo. Per l’una ha rappresentato un “ritorno alle origini”, a luoghi conosciuti ma estranei al tempo stesso, ma anche un ritorno alla città in cui si è cresciuti e che, come tanti altri prima e dopo, s’è deciso di lasciare inseguendo presunte migliori opportunità. Per l’altra ha rappresentato la scoperta di una realtà lontana dal conosciuto, per certi versi estrema e sicuramente di forte impatto. Un’esperienza intensa che ci ha regalato ed insegnato tanto, che ci ha coinvolte su tutti i livelli, compreso quello emotivo!
Un progetto che per ben due volte ci ha chiamate a trasferire il nostro impegno e la nostra attenzione da Berlino, dove lavoriamo insieme da alcuni anni nel campo dell’architettura del paesaggio, a Taranto e più precisamente alla città vecchia, accanto a bambini vivaci ed assetati di novità e agli amici che ci hanno guidato in questa avventura.
Il nostro approccio è stato prima di scoperta, di proposizione di idee e metodologie, poi di partecipazione totale ad un evento che ha portato i cittadini ad essere protagonisti delle trasformazioni e della rinascita di angoli di città abbandonati, coinvolti dalle modalità d’intervento dei gruppi (Controprogetto, Geologika) che hanno reso possibile concretizzare e arricchire il lavoro che da anni qualcuno (primo tra tutti Michele Loiacono) pazientemente svolge nel territorio del centro storico, un lavoro di conoscenza, analisi e studio ma forse ancora più importante, un lavoro mirato a penetrare e comprendere un tessuto sociale fortemente radicato e disilluso.
La speranza è che questa non rimanga solo una gratificante esperienza ma possa essere l’inizio di un progetto più grande e lungimirante.”
Manuela ed Elisa
http://www.studiolov.net

Scarica i file
park urka
terraret
abaco

Siamo stati in questi giorni in chiazz du vurp gigant o Park Urka o il campetto o semplicemente lo slargo antistante l’ex chiesa di San Gaetano (Cantiere Maggese) e abbiamo notato dei segni di abbandono e piccoli atti di decostruzione delle strutture costruite.
Ce l’avevano detto in tanti, forse con un’eccessiva dose di realismo, che quello spazio non sarebbe durato, che era sprecato tanto lavoro per la gente della città vecchia, che il polpo lo avrebbero cucinato e mangiato fra Natale e Santo Stefano.
Per questo lo abbiamo chiamato parco giochi temporaneo: quel “temporaneo” per noi significa che durerà il tempo che deciderà, con il suo utilizzo, la comunità locale.
Per noi è stato un gioco, un esperimento per capire le potenzialità di quello spazio vivendolo, facendo un’osservazione partecipata nel tempo.
Abbiamo pensato, prima di iniziare il laboratorio Park Urka, che erano precoci i tempi per una progettazione partecipata in città vecchia, lì dove la gente è abituata da anni a false promesse, aspettative di rinascita tradite, disillusa e soprattutto avvezza a “subire” decine di progetti che sono nati e morti nel giro di pochissimo tempo.
Per questo abbiamo ritenuto che l’unica strada perseguibile fosse quella di utilizzare uno spazio abbandonato per farlo diventare campo di sperimentazione pratica e manuale nel quale coinvolgere in prima persona gli abitanti del luogo e soprattutto i più piccoli.
Non era importante la bellezza estetica del prodotto finale ma il processo di dialogo, confronto e costruzione che ci ha visti impegnati per giorni, dalla mattina alla sera in quegli spazi con i residenti di via Cava.
In quei giorni di settembre abbiamo avuto modo di conoscere meglio la città vecchia, di capirne alcune problematiche attraverso la semplice osservazione delle abitudini dei suoi abitanti.
Nei primi giorni, quelli del vero parco giochi, prima di Park Urka, quello spazio si è riempito di bambini, con il semplice passaparola; li abbiamo visti arrampicarsi, salire su tetti, muri e archi, saltare, ballare.
Immediatamente abbiamo pensato alla disciplina del parkour, e abbiamo optato per una rivisitazione soft di un percorso tridimendionale con un diverso utilizzo degli stessi elementi, da quello più classico della porta di calcio o scivolo a quello più ardito della barra per gli equilibrismi o di un elemento in più da scalare.
Dai bambini abbiamo avuto la conferma che il primo problema da risolvere in quello slargo era quello della pavimentazione, visto che, a causa della pendenza e del cattivo stato del cemento, non era possibile nemmeno il semplice gioco del pallone.
Da qui l’idea di realizzare un nuovo massetto, sempre in cemento ma con una granulometria più omogenea rispetto alla preesistente, realizzato grazie al materiale e ai mezzi forniti dall’impresa Volpe e con l’utilizzo di manodopera locale.
Lo scivolo e l’altalena erano i suggerimenti più facili che ci venivano dai più piccoli per i giochi e abbiamo cercato di conciliare queste richieste con gli elementi architettonici preesistenti nella piazza.
Tutti i nuovi elementi sono stati posizionati sui lati dello slargo per evitare un utilizzo rigido dello spazio, poter consentire partite di calcio, libero movimento e l’utilizzo per spettacoli. Il palco/pedana e le
panchine invece sono servite a ri-definire in modo funzionale i limiti della piazza.
La cosa più emozionante è stato vedere, soprattutto nei primissimi giorni, quello spazio pieno di gente, lì dove nei giorni precedenti avevamo visto solo immondizia e abbandono; e il piacere continua nel tempo.
Fin qui i lati estremamente positivi. Veniamo, però, ai limiti.

Da subito ci siamo posti il problema del controllo, della salvaguardia e della manutenzione di quello spazio ed abbiamo iniziato a riflettere sulla possibilità di recintarlo anche se l’idea, che sembra anche allo stato attuale la soluzione più pratica, non ci convince.
A nostro avviso crediamo che i muri vadano eliminati e non alzati, che le barriere siano un invito al “superamento” e soprattutto che sia importante lanciare un messaggio di fiducia verso le persone che vivono gli spazi pubblici.
Con uno spazio completamente abbandonato al suo destino abbiamo riscontrato che le altalene sono state le prime ad avere dei problemi, per via della fragilità delle corde con cui erano realizzate e della scarsa consistenza degli archi a cui erano ancorate (per motivi di sicurezza abbiamo deciso di rimuoverle in attesa di una soluzione più duratura e sicura).
Da sottolineare che il processo che ha portato alla costruzione di Park Urka è costato nel suo complesso circa 7000 euro e che con un low budget del genere e poco tempo a disposizione era impensabile realizzare delle strutture “eterne”.
Questo però non vuol dire che dobbiamo esimerci dal riflettere sulla durabilità, ecologia, facilità di manutenzione dei materiali e delle tecniche costruttive utilizzate così come sul rapporto fra spazio e tempo, lì dove in città vecchia tutto “invecchia” più velocemente per via della velocità delle trasformazioni e dei cambiamenti.
Lo scivolo ha continuato a funzionare fino a pochi giorni fa, quando ci sono stati segnalati dei pezzi rotti nella plastica. Che si tratti di usura o di un gesto volontario, poco importa ai fini di questa riflessione.
Più volte in questi mesi i bimbi maschi ci hanno chiesto di rimuovere il polpo e mettere al suo posto un’altra porta per completare il campetto di calcio, evidenziando il carattere maschile del gioco che avviene in quello spazio.
La soluzione che abbiamo in mente e che vorremmo realizzare al più presto è la realizzazione di una porta antistante lo scivolo in modo tale da consentire entrambi gli usi.
Le panchine e la pedana invece hanno goduto di ottima salute fino a capodanno, momento in cui il gioco dinamitardo di pochi ne ha distrutta una, ripristinata nei giorni dell’inaugurazione di Cantiere Maggese ma ora di nuovo a rischio per il “gioco” sempre di pochi.

Questa è un’altra questione da affrontare per chi decide di prendere in cura uno spazio pubblico come quello, in terra di nessuno: cosa e come farlo e soprattutto come relazionarsi con gli “scontenti” delle scelte che inevitabilmente vanno prese.
Difficile che ci possa mai essere una progettazione partecipata tale da coinvolgere realmente tutti fino a produrre un senso di appartenenza tale da garantirne la manutenzione e la cura autonoma.
Più volte in questi mesi abbiamo ripristinato le altalene, aggiustato la panchina, pitturato il polpo, completando la pavimentazione della piazza con uno strato di cemento ancor più liscio e compatto, sollecitato la pulizia e l’interesse da parte dell’ AMIU e dell’amministrazione comunale.

Che fare ora?
Ripristinare e sostituire lo scivolo? Con che soldi? (Il finanziamento di Principi Attivi è finito.)
Per farlo durare quanto se non si lavora con continuità per cambiare le condizioni ambientali che producono il deterioramento?
Sicuramente è imprescindibile garantire una presenza costante sul posto, per evitare l’effetto “vetro rotto”, cioè il degrado che invita ad un maggiore degrado.
Questa continuità noi possiamo garantirla solo come abbiamo fatto fino ad ora, ma sappiamo che da soli non ce la facciamo e forse non sarebbe nemmeno giusto, visto che nessuno di noi vive in città vecchia ma nemmeno in quartieri esenti dalle problematiche di carenza di spazi per il gioco e l’aggregazione pubblici.
Vogliamo poterci spendere anche in altri quartieri, continuare ad avere un pensiero critico sulla città, sulle sue dinamiche, proporre delle pratiche sperimentali di intervento, tecniche costruttive più ecologiche e consapevoli, generare delle possibilità di lavoro in rete e soprattutto multisciplinari.

Il nostro laboratorio è aperto così come questa discussione.

Per visualizzare le ultime immagini di Park Urka http://picasaweb.google.it/labuat/ParkUrkaTaranto1703201002#

Sono passati quasi quattro anni da quel venerdi santo, giorno in cui per semplice curiosità, decidemmo di andare alla presentazione del bando Bollenti Spiriti, nel salone della Provincia, in pieno dissesto del Comune di Taranto.
Da quel momento qualcosa è cambiato, almeno nelle nostre vite, nelle nostre relazioni, nelle nostre consapevolezze.
Abbiamo cercato attraverso queste schede, mettiamoci in gioco di “schematizzare” il percorso fatto, di capirne il valore e soprattutto i limiti.
Cosa abbiamo fatto, con chi e dove è quello che stiamo cercando di capire.
Il percorso è stato sintetizzato in tappe ed eventi, ovviamente fra questi ci sono mesi di apparente silenzio, mesi nei quali non abbiamo mai smesso di conoscere, capire, studiare e tenere vive le relazioni con la gente della città vecchia.
Con l’inaugurazione di Cantiere Maggese crediamo di aver dato il nostro contributo affinchè il Laboratorio Urbano di Taranto non fosse una semplice struttura recuperata, ma un LUOGO pieno di vita ed energia.
In questi anni tanti amici ci hanno accompagnato in questo percorso, abbiamo cercato di confrontarci con loro in modo leale, anche se non sempre è stato facile dialogare e capirsi; anche su questo continuamo a riflettere.
Dopo quattro anni sentiamo di continuare a metterci in gioco!
Scarica il file mettiamoci in gioco

Arturo è nato in città vecchia, ha vissuto in un appartamento  in quei palazzi del comparto Vicoli II che ultimamente si sta recuperando, nei pressi di Vico Reale.

Arturo oggi vive a Paolo VI ma ha sempre nel cuore la sua Isola.

Abbiamo conosciuto Arturo subito dopo aver completato il workshop per la progettazione e costruzione di Park Urka e in quella occasione ci ha raccontato del “suo” parco giochi.

Arturo ha realizzato il giardino del piccolo Christian con l’aiuto di alcuni amici, in un terreno abbandonato al quartiere Paolo VI, nei pressi dell’Università (http://picasaweb.google.it/labuat/LIsolaDiArturo#)

Grazie ad alcune piccole donazioni è riuscito a comprare giochi, tappeti erbosi e realizzare una piccola recinzione.

Quella recinzione  però non è sufficiente a tutelare il parco giochi dalle scorribande notturne di alcuni ragazzi.

Il problema del mantenimento e cura degli “spazi pubblici” ci è molto caro e non è facile trovare dei metodi per proteggere nemmeno quelli spazi che sono stati costruiti in modo partecipato e con il sostegno degli abitanti del posto.

La storia di Arturo ci è piaciuta molto e da subito abbiamo pensato che era importante lanciare un segnale di sostegno ed incoraggiamento verso una buona pratica di autocostruzione, da Cantiere Maggese e dalla città vecchia di Taranto.

In occasione dell’inaugurazione di Cantiere Maggese abbiamo venduto, al prezzo simbolico di un euro, 200 adesivi con l’immagine presente in questo post.

Ci piacerebbe vendere i 100 adesivi restanti per poter comprare 300 euro di materiali per il parco giochi del quartiere Paolo VI .

Contattateci per l’acquisto.

Uno spazio aperto, un luogo pubblico destinato alla creatività giovanile nel cuore della città vecchia di Taranto: è il Cantiere Maggese, laboratorio culturale urbano che da domani finalmente aprirà le sue porte alla città.

E’ un piccolo passo in avanti, uno spiraglio di luce in questa isola lasciata da troppo tempo al buio.

E’ la scommessa che dal binomio creatività-giovani possa nascere anche a Taranto – e soprattutto in una parte della città fragile quanto mai bisognosa di urgenti “cure” – nuova linfa capace di risollevare e far cadere uno stato d’animo generale di rassegnazione, frustrazione, desolazione.

Noi, dell’Associazione Labuat, crediamo fortemente nelle potenzialità di questo grande progetto voluto fortemente dalla Regione Puglia. Ed è a questo progetto che, ancor prima della nostra costituzione in associazione, abbiamo deciso di guardare, e di sostenere.

Per noi rappresenta il punto di partenza di un arduo percorso di progettazione urbana e culturale partecipata. Un modo per risalire la china avendo un nuovo punto di riferimento, un  pilastro su cui reggersi in un terreno disagevole e  traballante.

Proprio nell’area retrostante l’edificio che ospiterà il Cantiere Maggese, un palazzo di Vico Reale subì un grave crollo . Alle ore 14.30 del 13 maggio 1975 ( molti l’avranno già dimenticato – qualcuno più giovane non ne è neppure a conoscenza) crollava una palazzina di tre piani dove morirono 6 persone di cui tre bambini.

L’ennesimo crollo di una lunga serie che sconvolgerà il tessuto sociale, economico ed urbano.

Ecco perché il Cantiere Maggese acquista ancora più significato e valenza. Da epicentro di un esodo traumatico, teatro di separazioni sofferte ed abbandono, per noi Cantiere Maggese ha tutti i requisiti per diventare epicentro culturale e sociale, epicentro della inventiva giovanile su cui scommettere e da cui partire.

Uno spazio dedicato ai giovani, al loro diritto di essere sostenuti nelle scelte di un lavoro creativo, al loro desiderio di esprimersi, e che sia di utilità alla stessa città vecchia e ai suoi abitanti. Uno spazio che serva a sollecitare le coscienze, e a stimolare la riflessione sulla “città vecchia”, uno spazio che sia capace di “ascoltare” e di “dialogare” col territorio che lo ospita.

Da quando abbiamo iniziato a muovere i primi passi nella città vecchia, inseguendo il “sogno Cantiere Maggese” da oramai circa tre anni, abbiamo sempre cercato di creare un rapporto diretto con gli abitanti del quartiere di Largo San Gaetano – Vico Reale – Via Cava, che è diventato sempre più stretto.

L’intreccio delle relazioni, la reciproca conoscenza, la condivisione delle stesse intenzioni,  ha fatto accendere una scintilla in questa parte di città. Nella nostra avventura urbana, abbiamo scoperto storie, persone, luoghi. Abbiamo sentito e percepito emozioni inespresse. Abbiamo raccolto e portato sulle spalle, bisogni manifesti ma inascoltati come la messa in sicurezza di edifici dissestati, il verde pubblico, e spazi dedicati all’infanzia. Da questi volti, luoghi, bisogni siamo partiti: hanno segnato le  tappe del nostro cammino, dell’esistenza stessa della nostra associazione. Coniugando la forte finalità sociale a quella professionale sono nate esperienze significative come “Park-Urka” – la costruzione di un parco giochi antistante il prossimo Cantiere Maggese – e “Terrarét” a Largo Petino (ex Fornace).

Queste esperienze per la loro valenza sociale e culturale devono – a nostro avviso – essere raccolte e trasportate nell’importante bagaglio del viaggio “Cantiere Maggese”: un viaggio che deve seguire necessariamente il percorso avviato, fatto di partecipazione – progettazione dal basso – dialogo – confronto –  cooperazione, riconoscendo le comunità insediate come attori rilevanti dei processi di trasformazione.

In questo incredibile viaggio, noi vorremmo continuare ad esserci.


Un luogo di incontro e un’installazione multimediale nel teatro nazionale di Tirana
nell’ambito del TIFF http://www.tiranafilmfest.com
Tirana 27 novembre – 6 dicembre, 2009
Ilmotorediricerca è ospite al Tirana International Film Festival con il progetto Albania 1e1000.
Il collettivo ilmotorediricerca sviluppa relazioni con i territori le due sponde del canale d’Otranto per riannodare storie personali e memorie collettive; oda è prendersi cura degli spazi pubblici abbandonati o in disuso, interpretandoli in chiave poetica: un’installazione multimediale, una libreria, una riflessione condivisa, oda.
oda non riesco ad essere infelice.

Partecipano
Nico Angiuli, Roberto dell’Orco, Matteo Fraterno, Petros Lekapinos, Matteo Locci, Michele Loiacono, Bennie Meek, Heldi Pema, Marianna Quaranta, Lorenzo Romito, Panaghiotis Samsarelos, Piero Vereni, Mary Zygouri.

http://www.ilmotorediricerca.eu/
per visionare le foto del progetto ODA http://picasaweb.google.com/ilmotorediricerca.eu/OdaNonRiescoAdEssereInfelice#

In continuità con Park-Urka, il laboratorio di costruzione di un parco giochi nello slargo antistante l’ex Chiesa di San Gaetano, proseguono le attività dell’associazione LABuat (LABoratorio_Urbano_Architettura_Taranto), vincitrice del bando regionale “Principi Attivi”.

Dal 16 novembre l’Associazione LAbuat ha dato inizio ad un nuovo percorso di progettazione urbana partecipata: “TERRARRET: comuni cantieri di terra nell’isola di Taranto”, a cura di Geologika Collettiva. Un gruppo di architetti, ceramisti, artisti provenienti da tutta Italia ha condiviso esperienze e conoscenze in un’area abbandonata e poco fruita nella Città Vecchia di Taranto: Largo Petino (ex Fornace) nei pressi della Chiesa dei SS. Medici. Col progetto “Terrarret” è stato tracciato un cammino attraverso i vari campi di impiego della terra cruda: l’uso di un materiale sano creato dall’impasto di sabbia, acqua e paglia.

A favore di metodi ecosostenibili, l’Associazione LABuat insieme agli esperti di Geologika, lo Studio LOV di Berlino, il Motore di Ricerca, ha sensibilizzato gli abitanti del quartiere sull’importanza dell’impiego della terra cruda nell’edilizia. Grazie a questo materiale sano sono state realizzate diverse opere frutto della mediazione tra le richieste degli abitanti e l’esperienza del collettivo, e risultato di un’azione comunitaria, nonostante le diffidenze iniziali degli stessi cittadini.

Il metodo di intervento impiegato si fonda infatti sui principi dell’insorgenza dal basso, della partecipazione, della partecipazione, della pratica collettiva di progetto, della rigenerazione urbana, dell’autocostruzione.

Insieme agli abitanti, gli studenti delle scuole Galilei e Consiglio di Città Vecchia, e gli studenti del Politecnico di Taranto, si è giunti alla realizzazione di opere e sculture.

Domenica saranno inaugurati il presepe modellato insieme ai bambini e i nuovi spazi trasformati dal lavoro partecipato. All’inaugurazione è prevista anche la presenza dell’assessore comunale Davide Nistri, dell’Ordine degli Architetti di Taranto, e dello Staff dei Bollenti Spiriti- Regione Puglia.

L’auspicio è che questo percorso avviato possa continuare attraverso il coinvolgimento e la collaborazione degli abitanti, delle istituzioni, e di tutte quelle realtà associative che operano sul territorio.

E’ quanto mai necessario intervenire tempestivamente sul prezioso centro storico di Taranto, affinché questa isola di terra circondata dal mare, possa riemergere per ricollocarsi dignitosamente all’interno del tessuto sociale e territoriale.

L’appuntamento è per domenica 22 novembre dalle ore 10 fino alle 13 in Largo Petino per l’inaugurazione delle opere. Le attività proseguiranno nel pomeriggio dalle 18 alle 22.

 

Vi aspettiamo!

 

contattaci al numero: 327.1833402

 

 

 

mappaDal 16 al 22 novembre 2009 a Taranto, in città vecchia,  si terrà il novo workshop di LABuat: “Terrarret“.

Costruzione naturale e partecipazione: un metodo di insegnamento della
cultura della sostenibilità, tra gioco e pratica collettiva di progetto.

Sarà realizzato in collaborazione con il collettivo Geologika (  http://www.geologika.org  )

Il progetto ha come primo obiettivo quello di far sperimentare ai partecipanti la lavorazione della terra cruda, attraverso un percorso sensoriale e creativo che li porti dalla semplice miscela degli ingredienti, all’ideazione e poi realizzazione concreta di un manufatto.
Dal disegno alla costruzione, il percorso si svolge in una dimensione di continua scoperta e conquista, si ampliano naturalmente le capacità percettive e si migliorano le qualità manuali;
attraverso il lavoro collettivo si sviluppa la capacità di scambio e cooperazione.
Una serie di workshop traccerà un cammino attraverso i vari campi d’impiego della terra cruda:
dall’architettura naturale all’eco-design, con particolare attenzione al riciclo e riutilizzo di materiali, un percorso volto ad approfondire l’applicazione della materia, a divulgarne lo spirito. Ma non solo. I laboratori saranno occasione per leggere ed interpretare, a più livelli, il territorio urbano proprio a partire dalle sue aree abbandonate o poco fruite, per stimolare il desiderio del cambiamento e della rigenerazione di quei luoghi attraverso metodi e pratiche di condivisione e l’uso di materiali sani.

ipotesi di calendario
dal 16 al 22 novembre
lunedì 16 novembre
h. 10.00-13.00 presentazione del progetto alle scuole e/o nell’università.
h. 16.00 dibatitto pubblico sui temi dell’autocostruzione e della progettazione partecipata
h. 19 attacchinaggio collettivo della fotografia satellitare dell’Isola.
Martedì 17 novembre

h. 11.00 incontro nelle scuole inferiori e corteo di inizio lavori.
h. 15.00-19.00 laboratorio di progetto e modellazione per i più piccoli.
h. 19.00 assemblea di inaugurazione e di presentazione del progetto in piazza
(nei pressi di Largo S.Gaetano e/o alla fornace di Largo Petino )
Mercoledì 18 novembre
h. 10.00-14.00 decomposizione e decostruzione del muro di chiusura. L’obiettivo è l’apertura
spaziale.
h. 16.00-20.00 riciclo, ricomposizione e ricostruzione di allestimenti per la nuova piazza.
Giovedì 19 novembre h. 10.00-20.00
– grande impasto di terra, sabbia e paglia;
– modellazione degli allestimenti della piazza;
– intreccio struttura a cupola in tondini di ferro e corde riciclate.
Venerdì 20 novembre h.10.00-20.00
– completamento della struttura della cupola e della tessitura di corde;
– preparazione di ulteriori impasti;
– inizio intonacatura cupola.
Sabato 21 novembre

h. 10.00 ripresa dei lavori di modellazione collettiva. Finire e rifinire la cupola.
h. 20.00 cena di quartiere
h. 22.00 festa (tarantola elettrica)
Domenica 22 novembre
h. 11.00-23.00 cantiere infestato per completare le opere intraprese.

COS’E’ LA TERRA CRUDA
La terra è un materiale universalmente diffuso ed utilizzato fin dalle origini dell’uomo;
impastata con paglia, sabbia ed acqua, è stata la tecnologia base non solo per la costruzione
delle prime case abitate dall’uomo ma anche della produzione di suppellettili, oggetti ed
immagini di culto, nonché delle primordiali espressioni artistiche. Evolutasi nel corso del
tempo, adattata a climi e latitudini diversi, questa tecnica costruttiva è ancor oggi capace di
creare dialoghi fra territori distanti, legami tra culture e popoli apparentemente distanti.
Con la terra cruda, cioè non cotta in fornace ma lasciata essiccare naturalmente al sole, ancora
oggi vengono costruite abitazioni ed edifici importanti non solo nei paesi terzi ma anche in
quelli industrializzati: il 40% della popolazione mondiale vive in case di terra e queste
costruzioni sono il segno di uno stretto legame con il territorio, di un modo di costruire e vivere
che si sviluppa in simbiosi con il paesaggio e l’ecosistema circostante senza alterarlo, senza
grandi impatti.
Il diffondersi di materiali introdotti sul mercato dalla moderna produzione industriale
ha portato a un progressivo abbandono di questa arcaica alta tecnologia, considerata
obsoleta ed indiscussa testimonianza di povertà, di emarginazione a livello sociale.
E’ tuttavia in corso una rivalutazione a livello mondiale della terra cruda, le elevate prestazioni
ecologiche, tecnologiche e culturali di questo straordinario materiale, la sua riciclabilità,
atossicità, elementarità, plasmabilità, suggeriscono un’inversione di tendenza, maggiore
considerazione e sperimentazione.
Storicamente, le case di terra erano costruite dagli abitanti stessi, insieme ai vicini ed agli
amici in un forma di festosa e mutuale condivisione del lavoro in cui ognuno contribuiva al
cantiere per quel che poteva o sapeva fare.
Modellare a mani nude lo spazio, insieme agli altri, aumenta la percezione di unità che collega
l’essere umano agli altri esseri umani ed insieme ai luoghi abitati.
La casa, la scuola,come la città, vengono intese non più come semplici contenitori ma come
luoghi in continua trasformazione, vivi e vitali.

PERCHE’ LA TERRA CRUDA A SCUOLA
Alla scuola sono tendenzialmente destinati sempre meno stanziamenti; a farne le spese molto
spesso sono gli studenti: sempre meno laboratori ad affiancare ed arricchire il normale corso
della didattica, ancora meno fondi per risistemare ed arricchire giardini e cortili, per estendere
il raggio di studio e di azione alla città circostante.
Gli spazi pubblici si riducono così a luoghi di passaggio, “vuoti” urbani e sociali che distruggono
progressivamente il tessuto connettivo che lega il cittadino al territorio e al suo ambiente
di vita.
Il duplice vantaggio di questo tipo di laboratorio risiede nella facilissima reperibilità e nel basso
costo delle materie prime necessarie, assieme alla possibilità per le ragazze ed i ragazzi di
imparare e crescere, ideando e costruendo in comune qualcosa che poi si conserverà tangibile
nel tempo, proprio negli spazi pubblici comuni.
Le abitudini dei giovani del nostro tempo sono influenzate spesso dalle mode, dai prodotti che
meglio si offrono al mercato; poco è lasciato alla fantasia ed alla creatività, insufficiente spazio
è concesso alle attitudini personali; in un immaginario preconfezionato non siamo più liberi di
esprimerci. Dietro i colori vivaci, la solidità, la facilità di pulizia di questo mondo patinato si
nascondono processi industriali molto invasivi ed un abnorme impiego di materie prime e di
energia; il tutto poi ci viene venduto a prezzi spesso inaccessibili.
Questo laboratorio, semplice ed economico, vuole contribuire ad invertire la tendenza riguardo
gli usi e consumi dannosi per l’ambiente che ci circonda: è riproducibile liberamente sia in
piccola che in grande scala, contribuisce all’espressione creativa attraverso il gioco, introduce
al piacere di creare liberamente le forme del proprio immaginario, stimola la fantasia oltre che
l’intelletto.
I cantieri di terra cruda sono luoghi in festa: il lavoro manuale, la condivisione delle decisioni,
l’organizzazione del “cantiere naturale” crea uno spirito di socialità tra le persone.
Con le mani ed i piedi nel fango si è tutti uguali, ognuno con il proprio ruolo e compito da
portare a termine per contribuire alla realizzazione complessiva del progetto.


2008: IL RACCONTO DELL’ESPERIENZA DELLA SCUOLA PRIMARIA GABELLI DI VENEZIA LIDO.

Nel laboratorio dello scorso anno scolastico i bimbi della scuola Gabelli hanno ideato, disegnato
e costruito la scenografia per la recita scolastica ed il leone alato, in seguito donato alla
Municipalità del Lido e collocato nell’entrata della sede.
Il laboratorio si è snodato in due appuntamenti:
un primo incontro nelle classi è stato finalizzato all’approccio al materiale; con l’ausilio di
grandi collage con fotografie,disegni ed appunti si sono percorsi la storia, l’utilizzo ed i pregi
della terra cruda; i bimbi hanno ascoltato e raccontato, espresso conoscenze e pareri; hanno
poi immerso le mani nelle varie componenti e nell’impasto, annusando e plasmando alcuni con
timidezza e altri con grande gusto.
La proposta delle maestre di immaginare assieme l’allestimento per la recita di fine anno è
stato accolta con entusiasmo e abbiamo ripercorso tutti insieme la vicenda della nascita del
simbolo di Venezia, il leone alato.
I bimbi si sono misurati con due lunghissimi fogli da disegno da riempire con idee legate ai
contenuti della recita: il primo gruppo, con i pastelli, ha delineato il profilo della città con le sue
case, campanili, cupole; il secondo gruppo, con i colori a cera ed i pennarelli, ha celebrato il
protagonista della storia, riempiendo il foglio di leoni alati di tutti i tipi, colori, misure.
Il disegno in libertà ha permesso quindi ai bimbi non solo di confrontarsi fra loro in modo
attivo e costruttivo ma anche di esprimersi in autonomia rispetto ai temi ed agli elementi da
rappresentare nella scenografia in terra: si è deciso, quindi, per uno sfondo con la
modellazione della città ed un bel leone con due grosse ali.
Visti i tempi stretti, i bambini non hanno partecipato direttamente alla preparazione delle
strutture che sono state approntate nei nostri laboratori.
L’azienda Celenit che produce per l’edilizia articoli ecologici in fibre di legno mineralizzate, ha
ricoperto volentieri il ruolo di sponsor inviando una campionatura di otto pannelli che sono
stati ritagliati seguendo il disegno fatto dai bambini.
La sagoma del leone è stata costruita attenendosi il piu’ possibile alle suggestioni espresse nei
disegni. Realizzato interamente con materiale riciclato dalla Biennale di Architettura 2006, il
leone contiene una la struttura portante in legno resa solidale con le zampe attraverso robuste
imbullonature, la forma del corpo è stato ottenuta con uno stretto intreccio di cordame di
canapa, poi imbottito con la paglia.
Il secondo incontro si è svolto nel giardino della scuola materna di Malamocco ed è stata una
vera festa. Con i bimbi della materna, i ragazzini della scuola elementare Gabelli hanno
dapprima organizzato il cantiere: gli spazi dell’impasto con il suo telone, le mastelle dell’acqua,
le strutture da intonacare; spontaneamente divisi in gruppi, poi, si sono occupati della
preparazione dei vari ingredienti terra, sabbia, paglia.
Felici soprattutto di sguazzare nel fango, hanno realizzato tutti assieme in brevissimo tempo
un impasto praticamente perfetto.
L’intonacatura dei pannelli è stato il primo approccio con la modellazione; distendendo la terra
ognuno ha potuto coglierne concretamente la consistenza, la lavorabilità, imparando nello
stesso tempo a gestire la coordinazione delle mani e delle dita e la forza da imprimere
soprattutto per livellare le superfici.
Il leone ha rappresentato, infine, il vero passaggio dal disegno all’oggetto reale, favorendo
fortemente nei ragazzini la percezione tridimensionale; ognuno ha potuto, a piacere, modellare
le parti piu’ grandi o cimentarsi nei dettagli piu’ piccoli e difficili;
sono state così plasmate le forme, lisciate le superfici e curati i particolari del muso, della
criniera e della lunga coda.
Sfruttando le loro capacità sensoriali, vedendo e toccando, i bimbi hanno appreso, compreso e
si sono lasciati rapire dal complesso mondo dei segni, delle forme, dei colori; hanno
sperimentato un nuovo modo di esprimersi e comunicare non solo con le parole, quindi, ma
anche attraverso gesti e raffigurazioni.
La splendida accoglienza che la Municipalità del Lido ha riservato al dono del Leone è il
riconoscimento del fatto che i piccoli sempre di più si affermano come cittadini attivi, coinvolti
nelle dinamiche culturali della città, capaci di re-interpretare e modificare anche
concretamente gli spazi in cui vivono.
(Dagli appunti di Paola Fachin e Giulio Grillo di geologiKa Venezia.)

Immagine1

Il successo raggiunto con l’inaugurazione di “Park-urka!” ha suscitato in noi grande soddisfazione, ma ci ha consegnato anche e soprattutto la responsabilità di dare continuità al percorso iniziato.

In pochi giorni ci siamo conosciuti e fatti conoscere, abbiamo stretto legami, condiviso il nostro progetto e portato il nostro entusiasmo in giro per i vicoli della Città vecchia.

Abbiamo condiviso con i bambini le risate, il gioco, la gioia di creare uno spazio allestito tutto per loro e con gli adulti la possibilità di sentirci tutti più attivi e responsabili nella realizzazione di qualcosa di concreto per un (piccolo!) cambiamento della nostra Taranto vecchia.

Soprattutto, non abbiamo forzato né imposto ma abbiamo ascoltato, collaborato, aggregato…e loro, gli abitanti della Città vecchia, hanno apprezzato premiandoci con il loro affetto, la loro disponibilità e la partecipazione.

Per questo vogliamo rivolgere un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di “Park-Urka!” (…ai più noto come “Chiazza duu’ vurp gigant”!).  E allora:

grazie al Sindaco di Taranto Ippazio Stefano, all’assessore Davide Nistri e alla preziosissima dott.ssa Rosa Albano per averci sostenuto dall’inizio alla fine e per averci donato temporaneamente (e in via del tutto eccezionale!) “Casa UP”;

grazie a Roberto Covolo, Annibale D’Elia e a tutto lo staff di Bollenti Spiriti per il loro intervento, l’appoggio, il sostegno;

grazie a Michele Loiacono per aver voluto condividere con noi fin dall’inizio la sua “geniale” intuizione;

grazie ai bambini del quartiere per aver disegnato e progettato con noi il loro parco giochi;

grazie a tutto il popolo di Via Cava per il supporto logistico;

grazie alla signora Margherita per averci insegnato a fare i cavatelli e alla signora Maria e alla signora Teresa per la loro cottura;

grazie ad Annarella per il sugo con le cozze e la parmigiana di melanzane (…andata a ruba!);

grazie a Davide e Valeria di Controprogetto, a Rocco, a Michele Calabrese, a Manuela, a Riccardo e ad Alessandro per aver lavorato giorno e notte senza sosta alla realizzazione delle strutture del parco giochi;

grazie ad Aldo, Giuseppe, Giacomo, Giacinto e Simone per aver realizzato la nuova pavimentazione della piazza;

grazie a Radio Popolare Salento per averci sostenuto, e per aver promosso l’ iniziativa con lo spot e le trasmissioni in cui si è parlato dell’evento;

grazie a deejay Alfredo per la sua originale performance live;

grazie ad Alessandra, Ileno, e Luigi per aver documentato con foto e video l’intero workshop;

grazie ai ragazzi del LUA per l’albero che hanno donato al Park-Urka;

grazie ai ragazzi di ZonaEffe per essere sempre presenti;

grazie a Post_la fabbrica della creatività per il suo contributo;

grazie alla Ditta Volpe-Galiuto per la costante collaborazione e per averci fornito il materiale per la pavimentazione;

grazie alla Ditta Gianni Peluso per il materiale fornito;

grazie a Nautica Caponio per aver “super-scontato” le corde per le altalene;

grazie all’azienda Trifone-Dioguardi per averci gentilmente donato le mattonelle;

grazie a Mister Toys per lo sconto sullo scivolo;

grazie all’associazione di volontariato St’Art e all’associazione Scosse Culturali per il contributo dato alla serata conclusiva del workshop con l’iniziativa “Condivisione e progettazione”;

grazie all’Associazione Peacelink per il suo contributo: senza il videoproiettore non sarebbe riuscita l’iniziativa “Condivisione e progettazione”;

grazie a Fido Guido per la sua tanto attesa performance musicale;

grazie a Frank, Paola, Anna, Luigi per esserci stati vicini…

I nostri attuali sentimenti sono felicità e responsabilità.

Grazie a tutti voi per averci fatto partire rendendo possibile la realizzazione del primo workshop di Labuat e grazie soprattutto perché – adesso lo sappiamo con certezza! – in questo viaggio non saremo soli.

Labuat

park-urka_locandina_INAUGURAZIONELabuat e Controprogetto (www.controprogetto.it)  comunicano che il 10 settembre negli spazi compresi tra l’ex-chiesa di San Gaetano e via Cava, nella Città Vecchia di Taranto,  si terrà l’inaugurazione del Parco Giochi Temporaneo, come evento di chiusura  del workshop di progettazione e costruzione urbana partecipata “Park-Urka! “.
Park-Urka è un progetto supportato dal programma “Bollenti Spiriti” della Regione Puglia (Principi Attivi_ giovani idee per una Puglia migliore), con il patrocinio del Comune di Taranto.
Il parco giochi temporaneo, frutto del lavoro svolto insieme agli abitanti della Città Vecchia di Taranto, sarà inaugurato alle ore 17.00 nel “campetto”,  nello slargo retrostante l’ex-chiesa di San Gaetano, alla presenza dell’assessore regionale alla Trasparenza e alla cittadinanza attiva Guglielmo Minervini.

Dalle ore 18.00 l’associazione di volontariato St’Art in collaborazione con l’Associazione Scosse Culturali propone l’iniziativa CONDIVISIONE E PROGETTAZIONE un modo per condividere informazioni a vari livelli su Città Vecchia e stimolare la progettazione finalizzata alla riqualificazione del nostro territorio.

L’iniziativa prevede un banchetto di condivisione di materiale sul borgo antico, cartaceo (fotocopie, cartoline, foto, articoli e saggi) e digitale, presentazioni su power-point, esposizione fotografica, reading di articoli e saggi su Città Vecchia, proiezione di video sulle iniziative svolte nel centro storico e spazio aperto di discussione e progettazione.

In occasione della chiusura del workshop Park-Urka e dell’inaugurazione del Parco giochi, nella stessa giornata dalle ore 22 si terrà la performance musicale di Fido Guido and Rooz Band, evento patrocinato dal Comune di Taranto, e promosso da LABuat, Artesia, Controprogetto, Arcinota, Punto a Capo, St’Art.

Media Partner: Radio Popolare Salento

Info:

Associazione LABuat
Laboratorio_Urbano_Architettura_Taranto
Tel. +39.327.1833402
Tel. +39.349.1444125
https://labuat.wordpress.com/
labuat@gmail.com

Le immagini mostrano il cambiamento prodotto nello slargo antistante l’ex Chiesa di San Gaetano grazie ai bambini della Città vecchia, ai ragazzi di Controprogetto, ai partecipanti al workshop venuti da diverse parti d’Italia (…e anche d’Europa!), ad amici, parenti e curiosi…dalla pulizia dell’area, alla ideazione, al disegno e al taglio, alla realizzazione….DSC_0291

park-urka_locandina_INAUGURAZIONE

Park-urka è partito.

Queste le prime immagini di questo percorso di progettazione urbana partecipata (per vederle clicca sulla locandina), che stiamo seguendo insieme agli abitanti di città vecchia e che ci porterà alla costruzione di un parco giochi temporaneo nello slargo restrostante la ex chiesa di Largo San Gaetano.

…. Cosa abbiamo fatto finora:

Riunioni sù, riunioni giù.

Tra Casa Up, Via Cava 90, il campetto.

e poi e poi

recupero dei materiali – progettazione – dialogo attivo – foto- interviste -video riprese

raccolta documentazione fonti scritte e orali: parole, voci, rumori, musica, racconti e storie

disegni coloratissimi sul futuro del campetto. il campetto che sarà.

Ad aiutarci i bambini.

e poi e poi

organizzazione della cena: momento conviviale -intimo – per capire insieme agli abitanti cosa progettare nel campetto.

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DSC_0027Al termine della fase progettuale che ha visto impegnati i bambini della Città vecchia con i ragazzi di Controprogetto abbiamo organizzato una cena con gli abitanti.

Grazie agli uomini di Via Cava abbiamo allestito il piazzale con una grande tavolata e delle sedie; insieme alle donne abbiamo preparato, cucinato, fritto; i bambini, infine, ci hanno aiutato ad apparecchiare la tavola. La serata è stata animata dalla musica dal vivo di deejay Alfredo, da uno spettacolo di giocoleria improvvisato da Davide e da balli di gruppo dei bambini di Via Cava.

Abbiamo allestito il laboratorio di progettazione destinato ai bambini della Città vecchia nello slargo antistante il Cantiere Maggese, utilizzando materiale recuperato qua e là: tavolo e cavalletti da Palazzo Ulmo, le sedie azzurre che gli stessi bambini avevano dipinto in occasione della “Festa della musica” del 20 giugno, un grande telo verde utilizzato come tendone per fare ombra.

Noi abbiamo fornito ai bambini matite, colori, carta e fogli stampati con il disegno dell’area da ri-pensare (che era, appunto, quella in cui si trovavano) e loro hanno fornito ai ragazzi di Controprogetto le idee e i suggerimenti necessari per progettare il parco giochi.IMG_0985

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Un sentito ringraziamento a tutti coloro che sono intervenuti alla conferenza stampa di presentazione del laboratorio “Park-Urka!”:  è stato un vero successo vedervi lì tutti insieme all’interno degli spazi di Via Cava per l’occasione aperti al pubblico!

Speriamo che tornerete a trovarci in questi giorni, curiosi e spinti dalla voglia di fare, per iniziare un bel percorso creativo insieme agli abitanti della città vecchia e a tutti i giovani “attivi” che stanno venendo a trovarci da diverse parti d’Italia !!

Un grazie particolare al Sindaco di Taranto Ippazio Stefano, alla preziosissima dott.ssa Rosa Albano, agli assessori Davide Nistri e arch. Nico D’Ippolito, al Presidente dell’Ordine degli architetti di Taranto Enzo La Gioia, alla dott.ssa Elsa De Florio e a Roberto Covolo dello staff di Bollenti Spiriti per il suo intervento, l’appoggio e il sostegno.

Vi aspettiamo  TUTTI I GIORNI fino al 10 settembre nello slargo antistante l’ex chiesa di San Gaetano e l’11 settembre per l’appuntamento finale di inaugurazione di Park-Urka!

park-urka_loc_partner_TAIl laboratorio Controprogetto in collaborazione con l’associazione LABuat organizzerà un workshop di progettazione e costruzione partecipata a Taranto, nello slargo antistante l’ex chiesa di San Gaetano in città vecchia, di libere strutture di gioco.

_ Concept
La città vecchia, da anni interessata da piani urbanistici e di recupero, sta vivendo una momento di forte trasformazione.
Soprattutto Largo San Gaetano, grazie al progetto Cantiere Maggese, laboratorio urbano con spazi dedicati alla creatività promosso e finanziato dal programma regionale Bollenti Spiriti che verranno inaugurati a breve, si è presentata come un cantiere vero e proprio in cui è stato possibile annusare il cambiamento.

Controprogetto, vuole esaltare questo cambiamento, reinventando lo spazio pubblico attraverso stratificazioni e accavallamenti, facendone un cantiere un po’ diverso e sopra le righe, un cantiere da gioco.

_ Cosa
Insieme agli abitanti della città vecchia e ai partecipanti al workshop realizzeremo un cantiere del gioco, spazio temporaneo di esplorazione e movimento, simbolo di una città da ricostruire e da reinventare. Realizzeremo una struttura flessibile e dinamica che si trasformerà nel tempo insieme alla piazza e ai suoi futuri utilizzi. Creeremo nuovi livelli in uno spazio già sfaccettato e multidimensionale, per donare nuove prospettive da cui osservare una città che rinasce. Il park-urka sarà composto a partire dagli elementi fondamentali di una impalcatura edile, sfruttandone la versatilità, utilizzandoli in maniera non convenzionale. Altalene, pertiche, pedane basculanti, passerelle, troveranno collocazione in un percorso di partecipazione che coinvolgerà la comunità locale.

_ Perché
Realizzeremo un parco giochi con le fattezze di un cantiere edile perché per noi il cantiere rappresenta un simbolo di trasformazione e cambiamento. I materiali sono di facile reperibilità e assemblaggio e rispettano le normative per strutture all’aperto. Ci permettono un giusto equilibrio tra una struttura permanente e facilmente removibile e modificabile nel tempo.

_ Modalità
Il workshop per la costruzione delle strutture del park-urka si terrà in Largo San Gaetano da martedì 1 a giovedì 10 settembre 2009, con evento di inaugurazione venerdì 11 settembre 2009. L’obiettivo
Chi può partecipare:
il workshop è rivolto a tutti, studenti di architettura, artisti, appassionati di cantieri e impalcature, curiosi e perditempo con una gran voglia di fare. Non sono richieste abilità particolari, l’atmosfera sarà piacevole, giocosa e aperta all’improvvisazione. i partecipanti al

workshop saranno veicoli di partecipazione nei confronti della comunità, chiamati a coinvolgere i ragazzi nella costruzione, a contattare gli artigiani locali per il supporto tecnico, a cercare imprese di costruzione che forniscano i materiali e musicisti che suonino alla festa di inaugurazione.

la partecipazione è gratuita. I pasti saranno forniti dalla comunità locale previa raccolta fondi tra i partecipanti. Alla fine del workshop verrà donata una chiave inglese del 22 come ricordo della bella esperienza vissuta insieme.
Come partecipare:
_ scrivere una mail di adesione a labuat@gmail.com

_ Chi
Controprogetto
Il laboratorio controprogetto è un collettivo di progettisti e creativi nato a Milano dall’esperienza di riqualificazione urbana partecipata della Stecca degli Artigiani. Promuove la progettazione partecipata di spazi pubblici, l’uso di materiali di recupero e la cultura del fare.

progetti realizzati:
_Kotlinaparco parcogiochi per il Kossovo (2003)
_Bosco di Gioia, Milano (2004)
_Parteciparco, Opera (Mi) (2007)
_Partecipiazza, Gravellona Toce (2009)

LABuat
L’associazione LABuat (Laboratorio Urbano Architettura Taranto),nata grazie al finanziamento Principi Attivi_Giovani idee per una Puglia migliore della Regione Puglia, intende portare avanti un progetto di riqualificazione sul largoS an Gaetano in città Vecchia attraverso l’organizzazione di workshop con artisti e creativi provenienti da altre realtà sui temi della progettazione partecipata e riappropriazione degli spazi pubblici.

_ Come
Costruiremo delle strutture temporanee in Largo San Gaetano con materiali di recupero. Nella settimana precedente il workshop faremo dei giri di esplorazione per trovare materiali adatti alla costruzione del progetto.
Cerchiamo sponsors e finanziamenti per dare al progetto la massima visibilità.

Media Partner: Radio Popolare Salento

L’Associazione Labuat, nell’ambito del progetto regionale Principi Attivi, svolgerà nel corso del 2009 un laboratorio partecipato che prevede la progettazione dello spazio residuale che insiste tra Vico Greco, Vico Rizzi e lo slargo antistante l’ex Chiesa di San Gaetano: la Piazza “Maggese”, che prende il nome dall’omonimo Laboratorio Urbano di Bollenti Spiriti collocato nell’ex edificio sacro antistante.
Il gruppo di lavoro ha già avviato una fase di ricerca storica e di analisi del contesto e svilupperà a breve una fase di laboratori e incontri con il coinvolgimento dei residenti, di artisti del territorio e di architetti e creativi provenienti da altre realtà.
L’azione si svilupperà attraverso 4 laboratori/workshop con esperti in progetti di progettazione partecipata.
Lo scopo di questi laboratori è quello di coinvolgere direttamente i residenti della zona in momenti concreti di riqualificazione attraverso installazioni temporanee e interventi creativi che daranno la possibilità di testare le reali potenzialità degli spazi in questione.
I risultati di questi laboratori verranno sintetizzati dall’ass. LabUAt e si tradurranno in un progetto esecutivo di riqualificazione della piazza.

L’associazione Labuat intende continuare il lavoro già svolto negli ultimi tempi nell’ambito della rete Bollenti Spiriti a sostegno di Cantiere Maggese, avviando un laboratorio di progettazione partecipata per il recupero creativo dello spazio antistante l’ex chiesa di S. Gaetano (sede del laboratorio urbano) e mettendo al servizio dei residenti le proprie professionalità.
Il laboratorio, mettendo al primo posto il coinvolgimento della gente del luogo, cercando di sviluppare quel rapporto di conoscenza e fiducia instauratosi negli ultimi tempi.
L’idea di base, semplice, è quella di cercare di convogliare la grande vitalità espressa dai residenti della zona in termini questa volta creativi e positivi.
Parlare di progettazione partecipata è estremamente complesso, soprattutto per la diffidenza che i residenti di certe zone hanno ad accettare le intromissioni esterne di gente che non abita e conosce l’isola.
Solo cercando di intercettare le reali esigenze di quei cittadini si può pensare di dialogare con loro ed aiutarli a soddisfare i loro bisogni.
Largo San Gaetano come luogo simbolo della rinascita della Città vecchia
La scelta di privilegiare l’area adiacente alla ex-Chiesa di San Gaetano è motivata dall’esigenza di integrarsi con altri progetti già avviati su questa stessa area, tra cui il già citato Cantiere Maggese ( il Laboratorio Urbano finanziato grazie al Bando Regionale “Bollenti Spiriti”).
Il luogo in oggetto si presenta come uno spazio semi-privato intimo e ben nascosto, poco conosciuto e poco fruito se non dai ragazzini della zona che lo chiamano “il campetto” perchè ha una forma e una dimensione tali da prestarsi bene per giocarvi a calcio. Tuttavia esso non è nato come vera e propria “piazza” ma come spazio di risulta derivante dal crollo di alcuni palazzi, come si vede chiaramente dai segni che questi hanno lasciato a terra. E’ dunque un “vuoto” urbano.
Eppure gli avvenimenti degli ultimi anni, da Cantiere Maggese in poi, hanno dimostrato che alla parola “vuoto” non deve essere data una accezione negativa intendendo tale vuoto come “mancanza”, ma deve esserle attribuita una valenza positiva considerando quel vuoto come qualcosa da poter “riempire” con le infinite possibilità di tutto ciò di cui gli abitanti del quartiere hanno bisogno: dal gioco, alla socialità, alla sicurezza.

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Il 29 giugno al Palazzo di Città si è tenuto un incontro pubblico dal titolo Città vecchia di Taranto: Piano di risanamento e Ipotesi progettuali per l’emergenza abbandono.

“che dire…dopo la giornata di ieri ci sarebbe molto…ma si corre il rischio di cadere nelle solite lamentele e ci si arrocca sulle proprie posizioni (…) in tanti momenti mi sono sentito anch’io “impotente” (…) Poi ho iniziato a fare delle cose…con un po’ di fortuna, con delle circostanze favorevoli e con tanto impegno adesso siamo qui…contento dei risultati raggiunti anche insieme.”

Le parole scritte da Michele il giorno dopo ci fanno riflettere e capire che il suo atteggiamento è quello più giusto da tenere: lamentarsi è già indice di rassegnazione e la sfiducia blocca l’azione… e invece è necessario mantenere un atteggiamento positivo e costruttivo! Per questo non staremo qui ad elencare chi erano i presenti e se fra loro ci fossero o meno i “presunti responsabili” del degrado di Taranto vecchia; né faremo la cronaca per filo e per segno di ciò che è stato detto (per questo rimandiamo alla stampa locale!), ma parleremo soltanto di ciò che ci ha colpito positivamente, e cioè l’intervento dell’Assessore Regionale all’Urbanistica Angela Barbanente.

L’Assessore Barbanente, contraria ad una rivisitazione totale del Piano di Recupero della Città vecchia, ha suggerito l’utilizzo di nuovi e più adeguati strumenti, i Programmi Integrati di Rigenerazione Urbana (Legge Regionale 21/2008) che consentono di definire quali sono le “porzioni” di territorio da sottoporre con maggiore urgenza  ad  intervento, di individuare le risorse immediatamente dispiegabili per intervenire su dette aree e anche – e soprattutto! – i tempi previsti per l’attuazione dell’intervento stesso. Infatti, ha fatto notare l’Assessore, un piano di recupero “tradizionale” finisce con l’essere considerato “superato” perché il tempo che intercorre tra l’ideazione e la sua attuazione lo rende già vecchio nelle parti di territorio in cui non si fa in tempo ad intervenire, rendendo quindi necessari continui aggiornamenti e rivisitazioni per renderli di nuovo attuali.

Oltre all’entusiasmo con cui l’Assessore ha descritto questi nuovi strumenti e i loro vantaggi (i tempi medio-brevi di attuazione, le semplificazioni procedurali, gli incentivi e le agevolazioni per i finanziamenti) ciò che ci ha maggiormente colpito nei suoi discorsi è stato l’utilizzo delle parole partecipazione e autocostruzione. La rigenerazione della Città vecchia, infatti, non deve passare solo attraverso il recupero e la conservazione della “pietra” ma può avvenire unicamente se si interviene ad una rivitalizzazione del quartiere, che solo la partecipazione dei cittadini residenti – innanzitutto! – del pubblico, dei privati e delle associazioni può garantire.

  1. La partecipazione dei cittadini permetterebbe un “controllo dal basso” e l’individuazione di “linee guida” che solo dal confronto con chi quei luoghi li conosce e li abita da sempre possono scaturire
  2. La partecipazione degli enti pubblici dovrebbe assicurare il rispetto e la tutela degli interessi dei cittadini…e il diritto a vivere in maniera dignitosa in case pulite e sicure!
  3. La partecipazione dei privati fornirebbe aiuto e sostegno alle attività già esistenti e a quelle nuove per la crescita e la creazione di occupazione, trasformando la Città vecchia dall’attuale “ghetto” in un centro vitale, turistico e produttivo che valorizzi la creatività (magari riscoprendo gli antichi mestieri) e che sostenga l’inserimento nel mondo del lavoro delle fasce deboli.
  4. La partecipazione delle associazioni garantirebbe la presenza di mediatori che funzionino come un “filtro” capace di creare relazioni costruttive, efficaci e durature tra i cittadini e gli enti/istituzioni.

Infine, anche l’ultima parte dell’intervento dell’Assessore Barbanente è stata per noi spunto per una ulteriore riflessione: abbiamo una “percezione negativa”, quasi dispregiativa dello spazio pubblico come spazio di nessuno mentre esso, al contrario, è lo spazio di tutti! Basti pensare che – già nel nostro “piccolo”! –  le parti interne degli edifici, le nostre abitazioni private sono curate fin nel minimo dettaglio mentre le parti in comune no… Il problema è che non solo non si sente lo spazio pubblico come spazio “proprio”, ma soprattutto non si ha la capacità di vederlo come tale… è necessario quindi pensare a degli interventi che identifichino lo “spazio di tutti” in modo da renderlo chiaramente percepibile e riconoscibile rispetto al resto, per farlo riscoprire ai propri abitanti e permetterne la ri-appropriazione.

Questi interventi di identificazione, di ri-scoperta e ri-appropriazione degli spazi pubblici possono nascere solo da una partecipazione attiva degli abitanti (le cui opinioni divengono “dati” essenziali per la realizzazione di progetti veramente rappresentativi) e da una stretta collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti, indispensabile per valutare la fattibilità tecnica ed economica dei progetti e per garantire organizzazione e cooperazione tra le parti.

In questo senso le iniziative del 22 novembre 2008 (Aspettando Cantiere Maggese) e del 20 giugno 2009 (Musica in Città vecchia) hanno segnato due momenti molto importanti in quanto hanno contribuito a creare occasioni di incontro e cooperazione tra i vari soggetti impegnati sul territorio; a favorire la nascita di relazioni con gli abitanti della Città vecchia e a sviluppare un rapporto “affettivo” non solo con le persone ma anche con quei luoghi attraverso il loro utilizzo e la condivisione di momenti di gioco e di festa. L’obiettivo di LABuat, adesso, è quello di continuare a percorrere questa strada, consolidando e rafforzando i rapporti finora creati con gli abitanti della Città vecchia, dando loro ascolto e individuando tutte le possibili strategie che ne consentano il pieno coinvolgimento e la totale partecipazione nei processi di trasformazione e ri-appropriazione di quegli spazi “di tutti/di nessuno”.

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Sabato 20 Giugno 2009 c/o Largo San Gaetano (Taranto), il Comune di Taranto con l’Assessorato alle Politiche Giovanili della Regione Puglia in collaborazione con la Rete Bollenti Spiriti (Arcinota, Artesia, Comitato Quartiere Paolo VI, Edizioni N.B., Laboratorio Circo Nomade, LABuat, NoMedia, Pachamama, Punto A Capo e Teatro del Mare), presentano:


“Musica in Città Vecchia”

In occasione della “Festa Internazionale della Musica” e in concomitanza con la conclusione dei lavori di ristrutturazione relativi al “Cantiere Maggese”, Largo San Gaetano si trasformerà in un “Teatro” all’aperto che accoglierà una variegata serie di eventi culturali.

Programma della serata:
h 18.00 La serata si aprirà con una “merenda” per i bambini del Quartiere e per quanti altri vorranno partecipare.
Verrà animata da Zio Cataldo alias Cataldo Scatigna, da Ciccioclown e dal Circo Nomade
h 20.00 Allestimento dello slargo antistante la chiesa di S.Gaetano ad opera del progetto vincitore Principi Attivi – Labuat “Laboratorio Urbano Architettura Taranto”, con installazioni ed elementi di arredo urbano con materiale di recupero.
h 21.00/21.30 I Pachamama sfileranno tra i vicoli della Città Vecchia
h 21.30/22.30 Performance teatrale “Riflessioni dei ragazzi del Comitato di Quartiere Paolo IV” a cura del Teatro del Mare.
h 22.30 La serata procederà con il concerto di: Sciamano e Robertotto, SFC, Kiss My Town e Fido Guido
h 01.00 FINE

Service audio/luci: Artesia – servizi per l’arte e lo spettacolo
Media partner: Radio Popolare Salento

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19 giugno 2009, ore 10.00 appuntamento a Palazzo Ulmo: prendono il via i lavori!

Mentre Anna, Da e Pao danno una sistematina al cortile di Palazzo Ulmo, Valeria prepara le postazioni di lavoro e Valentina e Michele si occupano delle ultime questioni organizzative, Antonietta insieme a zio Cataldo improvvisatosi banditore e al suo fido amico Puzzo, camminano per i vicoli della città vecchia annunciandosi con il rullio del tamburo e gridando a voce alta “bambini scendeteee!!!”
Al segnale i bambini abbandonano le loro case e seguono zio Cataldo e Antonietta che li conducono a Palazzo Ulmo dove sono stati allestiti un “reparto falegnameria” e un “reparto verniciatura”.

Ai bambini vengono dati guanti, rulli, pennelli  e barattoli di vernice azzurra e immediatamente si mettono a lavoro:  Roberto, Giuseppe, Michael, Angela, Maria e tutti gli altri dipingono di azzurro le vecchie sedie recuperate e raccolte nei giorni precedenti, contendendosi la supremazia di rulli e pennelli!! …..e ancora: disegnano, cantano, fanno il girotondo, si sporcano di vernice, si divertono …questa allegria contagia anche i passanti che vengono invitati  ad entrare, così altri bambini si uniscono al gruppo.

Alla fine della mattinata sono state prodotte una decina di sedie azzurre e una panchina anch’essa azzurra (o meglio: prima azzurra, poi rossa, poi di nuovo azzurra…), realizzata affiancando due sedie rotte e inchiodando delle assi di legno per realizzarne la seduta mancante. Il tutto verrà collocato il giorno dopo in Largo San Gaetano in occasione dell’iniziativa “Musica in città vecchia” con l’idea di creare un angolo un po’ più intimo, una sorta di piccolo salottino all’aperto.

Nel pomeriggio le attività proseguono con zio Cataldo che, armatosi di vecchi giornali, colla e pennelli, guida i bambini nell’autocostruzione di lampade che serviranno a decorare la piazza.
Ancora una volta i bambini, riuniti intorno al tavolo, creano gruppi di lavoro: c’è chi taglia i giornali, chi vi spalma la colla coi pennelli, chi posa i fogli opportunamente ritagliati sulla struttura realizzata da zio Cataldo, chi infine scrive e disegna sulle cassette della frutta raccolte per realizzare degli insoliti pannelli espositivi.

Al calare della sera purtroppo le lampade non sono state ancora terminate … i bambini sono dispiaciuti per non averle realizzate in tempo per la festa  (e forse non è un male considerato l’acquazzone che ci ha colti la sera dopo!), ma promettiamo loro di riunirci un altro giorno per completare il lavoro iniziato e di esporlo.
Infine con l’entusiasmo che li contraddistingue i bambini si offrono volontari per aiutarci, la sera dopo in occasione della festa, a trasportare da Palazzo Ulmo a Largo San Gaetano le sedie che loro stessi hanno dipinto di azzurro. Quindi prendiamo accordi per il pomeriggio seguente e andiamo via ripensando con entusiasmo alla giornata appena trascorsa e immaginando la simpatica processione di sedie azzurre per i vicoli della città vecchia che ci aspetta il giorno dopo!

LABuat al Mercato della Salinella – domenica 14 giugno 2009

Domenica 14 giugno 2009 siamo partite alla volta del mercato della Salinella in cerca di vecchi mobili buttati  via, da poter riutilizzare nei nostri allestimenti e nella nostra sede.

Alle ore 12.30 circa comincia l’esplorazione: c’è di tutto e di più! sedie, giocattoli, libri, bicchieri, stampanti, mobili, scolapasta, cestini, scarpe, casse di impianti stereo, specchi …tutti oggetti  diventati inutili o gettati perché non più “alla moda”.

Ognuna di noi viene immediatamente attratta da qualcosa in particolare, perché ogni oggetto parla e manda dei segni e suggerisce idee sul suo stesso ri-utilizzo: vecchie casse da riutilizzare come sedute,  sedie rotte da riparare, un comodino da usare come piano d’appoggio (inizialmente scambiato per un macina pepe …gigante!),  un puzzle-tappeto in gomma, e un cagnolino-giocattolo in legno.

Ci consultiamo per verificare l’effettiva fattibilità di ciò che abbiamo in mente, poi carichiamo il tutto in macchina e ci dirigiamo in città vecchia per lasciare il nostro “bottino” all’interno di Palazzo Ulmo, in attesa di poter pulire e rimettere a nuovo quegli oggetti grazie a qualche piccolo intervento e a un po’ di colore, con il coinvolgimento e la partecipazione degli abitanti della città vecchia.

Stanche delle “fatiche” fatte sotto il sole cocente di giugno una volta all’ombra di Palazzo Ulmo ci riposiamo un po’ e riflettiamo insieme sui vantaggi del ri-uso e del riciclo:

1) Risparmio economico: non acquistiamo ma ricicliamo!

2) Condotta ecologicamente sostenibile: non produciamo rifiuti ma li riutilizziamo!

3) Divertimento: sia per noi che impariamo a guardare gli oggetti con un occhio diverso e ad individuarne nuovi usi, sia per i bambini del quartiere che saranno nostri aiutanti e consiglieri nella trasformazione di  quei vecchi oggetti abbandonati in oggetti nuovi e utili….perchè come dice anche il proverbio  “gallina vecchia fa buon brodo”!

Perchè per Rete si intende l’attrezzo costituito da fili più o meno grossi di fibre tessili intrecciati e annodati a maglia, usato dai pescatori per catturare i pesci, ma anche  proteggere ed allevare pesci e frutti di mare.Pescatori e LABuat

Perchè LABuat intende lavorare in rete, crede nella rete creativa e nella rete sociale: fondamentale strumento per la progettazione urbana partecipata.

Iniziamo dalle Reti, iniziamo DAL RECUPERO DELLE RETI…dai

RAPPORTI, INTERCONNESSIONI, RELAZIONI

Mar Piccolo

Tranquillità, sole, calma  nel porticciolo sul mar piccolo la mattina del 12 giugno 2009.

Calma piatta e apparente, se non fosse per il terribile fumo nero che si alzava dal complesso industriale: Ilva, Eni, o chissà. Non è dato saperlo.

In compagnia di Zio Cataldo e del suo cane Puzzo, siamo andati alla ricerca di storie, di incontri e di reti da pesca nelle vie della città vecchia.

Prima gli incontri al porticciolo: i pescherecci solitamente rientrano intorno alle 15.00. Fortunamente però   ritornava un peschereccio proprio alle 11, mentre noi eravamo là a “ricercare”.

Sul quel peschereccio di ritorno abbiamo conosciuto il signor Luigi ed i suoi amici.

Arredo Urbano…. Partecipazione… Progettazione…. Coivolgimento abitanti, dai più grandi ai più piccoli….allestimento Largo San Gaetano…. Materiale di recupero….

Domanda: come ci potreste aiutare?

Risposta: abbiamo delle reti da pesca, si possono recuperare, stanno nel nostro magazzino. Venite domani mattina e ve le doniamo! Il magazzino sta alla seconda fermata dell’autobus sulla ringhiera…

Poi… ci siamo addentrati all’interno dei vicoli e piazzette della città vecchia.

Direzione: La Fornace.

Là ho conosciuto Antonio e la sua famiglia. Antonio ed i suoi amici.

Antonio ha da poco aperto un circolo ricreativo proprio in Vico Giglio.

Vico Giglio è un brulicare festoso di bambini.

Ho raccolto la  voce di Antonio e quella di sua moglie: felici di vivere in città vecchia,  vorrebbero fosse più rispettata.

L’illuminazione non c’è. Gli abitanti l’hanno chiesta più volte.  Ci si deve industriare, ed armare di tanta pazienza in città vecchia. I turisti, la Fornace la vedono dall’alto ci dice Antonio: non scendono!

Un tubo di scolo è stato inoltre rimosso ed i liquami che dovrebbero essere scaricati nella fogna, vanno a finire per strada. QUESTO non consente agli abitanti di organizzare come vorrebbero un piccolo lembo di terra e di verde pubblico. LABuat intende per questo intervenire…

Vorrebbero, Antonio e gli abitanti che vivono vicino alla Fornace ( proprio dietroLargo San Gaetano), per esempio, poter stare la notte tutti insieme a parlare, bere un’aranciata, vedere i bambini giocare e passare una serata in compagnia di amici, ma non possono: non c’è la luce e la notte al buio è un proliferare di insetti e topi.

Come non dargli ragione?

Spera che con Cantiere Maggese anche La Fornace possa avere maggiore considerazione  da parte dell’amministrazione comunale, dell’Amiu e della ditta che si dovrebbe occupare dell’illuminazione: Enel Sole ci ha comunicato Luigi Paradiso, presidente della Circoscrizione Borgo-città vecchia.

Aspettiamo: che succederà? noi siamo ottimisti e fiduciosi!

Le richieste di Antonio e degli abitanti de “LA Fornace”

Orto comunitario – piazzetta da risistemare dove i bambini possano giocare tranquilli- illuminazione adeguata –

Prima la visita all’ex Chiesa di San Gaetano e poi la visita alle strutture di Via Cava 90: questo il Cantiere Maggese, progetto di Laboratorio Urbano a Taranto nato grazie al Bando regionale dei Bollenti Spiriti (per la  riqualificazione urbana con particolare riferimento agli interventi di rivitalizzazione economica e sociale rivolti alle fasce La ex Chiesa di San Gaetanogiovanili della popolazione)

E’ stato aperto al pubblico per poche ore venerdì 5 giugno alla presenza del primo cittadino, Ippazio Stefàno, dello staff di Bollenti Spiriti, della Responsabile della Direzione Servizi Sociali, Ascensa De Florio, dell’assessore ai Servizi Sociali Mario Pennuzzi, del Presidente della Circoscrizione Cittàvecchia Borgo, Luigi Paradiso,  e di tarantini provenienti dal Borgo o chissà, ma erano presenti anche alcuni abitanti della città vecchia.

Clicca sull’immagine e vai all’album

Targa crollo vico reale

Partiamo da Largo San Gaetano in città vecchia a Taranto. Partiamo da questo luogo simbolo, carico di significati. Largo San Gaetano insieme a Via Cava e Vico Reale sono stati teatro di tragedie che  dagli anni ’70 in poi hanno lasciato drammaticamente il segno nella vita della città vecchia e quindi dei suoi abitanti.

Crolli di palazzi, vite spezzate, degrado e paura hanno caratterizzato sul finire degli anni ’70 questa parte di città che ha visto l’esodo, di tanti suoi abitanti, dalla città vecchia ai  luoghi periferici e spesso abbandonati di Taranto  (abitazioni a  Paolo Sesto, Tamburi e  Bestat) .

LABuat , nell’intento di ricostruire e riportare alla luce queste storie di vita, sta avendo modo di conoscere le persone che questi luoghi li abitano e li vivono da quando sono nati, come la Signora Margherita.

La Signora Margherita vive nel palazzo di Vico Reale e sa che in quello stesso palazzo sono morte sei persone. Lei ci ha mostrato la sua casa, e dalla sua casa è stato possibile vedere il tetto della ex-chiesa San Gaetano che ospiterà Cantiere Maggese.

Sa che il palazzo dove vive è crollato. E sa dove si trovano le tombe delle sei persone che nel pomeriggio del 13 maggio 1975 hanno trovato la morte.

Sabato mattina abbiamo incontrato  Margherita in città vecchia a Vico Reale.

Abbiamo visitato insieme l’immenso cimitero di Taranto. Finalmente arriviamo al posto da lei descritto.

Senza il suo contributo non l’avremmo mai trovato.

Volti di bambini schiacciati dalle macerie. Corpi distesi sui lettini dell’ospedale: tre i bambini, tre le foto. E sotto una targa per ricordare quel crollo: l’immagine della città che crolla.crollo2

Da quel momento la città non si è più rialzata.

La speranza è che finalmente si rialzi. Noi vorremmo ripartire, per questo, da Vico Reale, Largo San Gaetano, Via Cava: convinti più che mai delle grandi potenzialità del Cantiere Maggese, e dell’importanza della progettazione urbana partecipata.

Aspettando il ritorno…

domani appuntamento in via cava per parlare dei crolli di Vico Reale…

Ricordate i morti Ma ricordateli Vivi*
Taranto 13 maggio 1975 -13 maggio 2009

Gazzetta del Mezzogiorno 13 maggio 1975

Sono le 14.30 del 13 maggio 1975. Nella città vecchia di Taranto crolla una palazzina di tre piani in Vico Reale. L’ennesimo crollo di una lunga serie. Muoiono 6 persone di cui tre bambini: Ettore, Teresa e Maria Palumbo, rispettivamente di 3, 5, 6 anni. Sono stati trovati dai soccorritori abbracciati accanto al nonno materno, Ettore Camerino di 70 anni.

Nella stessa palazzina troveranno la morte anche Addolorata Midea di 73 anni e Cosimo Larice di 81 anni: “si erano messi da poco a letto per il riposo pomeridiano e sono passati dal sonno alla morte.” (dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 13 maggio 1975).

Saranno state le 14.30. Tre meno venti precisa qualcuno. Vico Reale a quell’ora è più calma del solito: pioviggina e neppure i bambini hanno voglia di starsene nel largo a giocare…. Lì come in tanti altri luoghi della città vecchia è rimasto solo il dialetto, poche anime, tante case squassate e cadenti. sembra che la vita si svolga in una condizione di morte imminente. E infatti in Vico Reale a quell’ora sta per compiersi una tragedia autentica.

Il vico è raggiungibile da Via Garibaldi: t’infili in vico San Gaetano e dopo aver attraversato il largo omonimo, la minuscola strada con annessa piazzetta ti si presenta davanti agli occhi. Una reggia. O almeno ad una reggia fa pensare il nome che a quella stradicciola, hanno affibbiato. Alle 14.30 in quella reggia c’è il cambio della guardia. Dalla vita si passa alla morte.”( dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 13 maggio 1975)

Al 14 maggio 1975 sono 210 gli appartamenti dichiarati pericolanti per altrettante famiglie pari a 1150 persone. Vico Reale ha sicuramente lasciato il segno a più di qualcuno.

Ma di questa tragedia passata, che ha lasciato tante ferite aperte, sofferenze e drammi irrisolti (dall’esodo degli abitanti di città vecchia a Paolo Sesto – alle case parcheggio – alle case della zona Bestat fino al problema del degrado socio-culturale della Città vecchia che vive ancor oggi in stato di abbandono…) cosa è rimasto nella memoria della città?

* da una canzone di Ascanio Celestini

Il 10 marzo 2009 nasce LABuat_Laboratorio Urbano Architettura Taranto, associazione culturale senza scopo di lucro.  Labuat nasce soprattutto grazie al Bando Principi Attivi – Giovani idee per una Puglia Migliore – promosso dall’Assessorato alla Trasparenza e Cittadinanza Attiva – Settore Politiche Giovanili e Sport.

Infatti, il 23 dicembre 2008 è stata pubblicata la graduatoria dei progetti approvati dalla Regione Puglia nell’ambito del programma Principi Attivi. E LABuat è tra i progetti che saranno finanziati.

LABuat é un progetto di partecipazione urbana partecipata che è stato possibile grazie anche al contributo di tanti amici, il cui entusiasmo, creatività, passione ci ha contagiato.

Il risultato finora raggiunto è stato il frutto della  collaborazione di tante persone e soggetti, con i quali LABuat si augura di continuare a lavorare insieme in maniera condivisa e partecipata.